A
abbaiare alla luna Far cosa inutile, senza ragione e senza
effetto: come appunto i cani che, nelle notti di plenilunio, latrano alla luna,
quasi in una assurda sfida.
avere la luna Essere di malumore, irragionevolmente
irritabili e pronti al litigio. Per l’antica credenza astrologica che la luna
determinasse, con le sue fasi, lo stato psichico delle persone poste sotto il
suo influsso. Da qui: alzarsi, essere con la luna di traverso; andare a
lune; essere lunatici.
avere il ginocchio della
lavandaia Avere
proprio tutte le magagne, essere un autentico cerotto. La fortuna della
locuzione si deve all’umorista inglese Jerome K. Jerome (1859-1927), autore del
romanzo Tre uomini in barca, in cui un personaggio ha sofferto
di tutte le malattie, tranne il ginocchio della lavandaia. Malattia
che, se pur rara, esiste veramente, ed è una forma di borsite, un’infiammazione
del cuscinetto che protegge la rotula.
avere la pazienza di
Giobbe Essere molto
pazienti, sopportare con rassegnazione molestie, ingiustizie e tribolazioni.
Giobbe, principale personaggio dell’omonimo libro della Bibbia, è
la personificazione del giusto che soffre mentre i malvagi prosperano, e che
tutto sopporta inchinandosi al volere di Dio.
andare in
visibilio Andare in
estasi per la gran gioia, o anche (ma più raramente) essere molto meravigliati.
Per storpiata interpretazione popolare di visibilium omnium et
invisibilium,“di tutte le cose visibili e invisibili”, parole del Credo in
latino.
avere (o mettere
addosso) una fifa blu Provare e, rispettivamente, incutere una bella paura, tale (in teoria) che
il volto diventa così pallido da assumere una sfumatura bluastra, come in chi
sia stato esposto a un freddo assai intenso. Fifa, che
significa paura, vigliaccheria, viene dal gergo militare ed è parola di origine
settentrionale, imprecisata.
Avere fegato Essere coraggioso, e di chi arriva fino alla temerarietà si dice che è sfegatato. L’origine: presso gli antichi, per esempio Etruschi e Greci, il fegato era considerato sede di ogni sentimento e qualità interiore. Dal suo esame indovini etruschi specializzati traevano previsioni, e tale arte era detta “aruspicina”. Più tardi il compito di ospitare sentimenti ed emozioni fu assegnato al cuore, che tuttora, per tradizione, lo svolge, incurante dei progresso scientifico.
Avere fegato Essere coraggioso, e di chi arriva fino alla temerarietà si dice che è sfegatato. L’origine: presso gli antichi, per esempio Etruschi e Greci, il fegato era considerato sede di ogni sentimento e qualità interiore. Dal suo esame indovini etruschi specializzati traevano previsioni, e tale arte era detta “aruspicina”. Più tardi il compito di ospitare sentimenti ed emozioni fu assegnato al cuore, che tuttora, per tradizione, lo svolge, incurante dei progresso scientifico.
avere il tatto di un
elefante Non
conoscere le buone maniere, essere privo di sensibilità come, a causa del suo
spessore, sarebbe la pelle del pachiderma.
avere uno scheletro
nell’armadio Efficace
immagine, tradotta dall’inglese, usata con riferimento a trascorsi colpevoli
che gli appartenenti a un gruppo tengono gelosamente nascosti.
avere la memoria dell’
elefante Ricordarsi
a lungo di un torto subito, traendone vendetta a grande distanza di tempo.
andare a patrasso Scherzosamente: morire, mentre il meno
comune inondare a patrasso significa uccidere. Ma si dice
anche di un’impresa risoltasi in un fallimento. Il nome della città greca
c’entra solo per caso — come l’asso nell’espressione piantare
in asso — si tratta infatti di una corruzione della frase
biblica ire ad patres, “andare ai padri, morire”.
avere la coda di
paglia Essere sempre
sul chi vive, allarmarsi alla minima allusione sfavorevole, discolparsi senza
neppure essere accusati, non avendo la coscienza tranquilla. come chi avesse
un’immaginaria coda di paglia e quindi un sacrosanto timore dei fiammiferi.
a caval donato non si
guarda in bocca Proverbio
che ha corrispondenti quasi identici, anche nella formulazione, in molte lingue.
Deriva dal fatto che di un cavallo si può conoscere l’età scoprendogli i denti.
Insegna che un dono va accettato così com’è, proprio perché è un dono, e che è
indice di poca saggezza, oltre che di poca educazione, soppesarne il valore
venale o, ancor peggio, disprezzarlo.
Alla carlona
Frettolosamente, senza attenzione, con trascuratezza. La locuzione, che ha mutato valore nel tempo, significava “in modo semplice, bonario”; come agiva, nei tardi poemi cavallereschi, Carlomagno, detto “re Carlone”.
Frettolosamente, senza attenzione, con trascuratezza. La locuzione, che ha mutato valore nel tempo, significava “in modo semplice, bonario”; come agiva, nei tardi poemi cavallereschi, Carlomagno, detto “re Carlone”.
alle calende
greche Frase
tradotta dal latino: ad kalendas graecas, tolta dalla Vita
di Augusto (87, 1) di Svetonio. Rimandare una cosa alle
calende greche: rimandarla a data che non verrà mai, cioè non farla. E
questo perché i Greci, a differenza dei Romani, non avevano nel loro calendario
le calende, nome con cui si indicava il primo giorno del mese, in cui i
creditori usavano sollecitare il pagamento dei debiti.
asino di Buridano Fare come l’asino di Buridano: esitare tra due cose, tra due
soluzioni di un problema, senza decidersi né per l’una né per l’altra, perché
entrambe ugualmente accettabili. Come avrebbe fatto, se avesse seguito le
teorie del suo padrone, il leggendario asino del filosofo francese Jean Buridan
(circa 1300-1 358), rettore dell’Università di Parigi. Questi sosteneva che la
scelta della volontà cade sempre sul bene, sul valore migliore, e che quindi la
volontà stessa sarebbe paralizzata e sospenderebbe la scelta, di fronte a due
beni ugualmente importanti. Essa avrebbe quindi anche la libertà di non
scegliere. Ed ecco i detrattori del filosofo inventare il paradosso dell’asino
ugualmente affamato e assetato che, posto a uguale distanza da un secchio
d’acqua e uno di avena, non sceglie, e quindi muore di fame e di sete. a
braccio Si dice di azione improvvisata li per li, eseguita senza
preparazione: fare un discorso, tenere una lezione, predicare a
braccio. Quest’ultima espressione si trova, per esempio, nei Promessi
sposi. Ma più propriamente si riferisce al recitare, come avveniva
nella Commedia dell’arte, quando gli attori improvvisavano.
attaccare bottone Tediare qualcuno con un discorso lungo e
noioso, privo di interesse per lui. Non è nota l’origine della locuzione;
sembra che un tempo volesse dire parlar male di uno. L’immagine suggerita
potrebbe anche essere quella del seccatore che, quasi afferrando fisicamente
per la giacca il riluttante interlocutore, non lo molla finché non abbia finito
di ricucirgli un immaginario bottone.
andare in oca Nel linguaggio familiare: essere
distratto, dimenticarsi di qualcosa. Come si sa, con l’eccezione delle celebri
oche del Campidoglio che con il loro schiamazzo salvarono la rocca capitolina
da un improvviso attacco dei Galli (390 a.C.), questo palmipede non è ritenuto
il Leonardo da Vinci del regno animale, e a esso si paragona la persona (in
particolare la donna) sciocca, facile alla distrazione, pronta alla risatina
insulsa: un’oca, la bella oca, l’oca giuliva, eccetera.
Aprire gli occhi Ricredersi o far ricredere qualcuno rendendolo
edotto di una realtà che ignorava, spesso allo scopo di metterlo in guardia da
un pericolo. a bizzeffe In grande quantità. Secondo alcuni, la
spiegazione deriverebbe dall’uso degli alti magistrati romani di far apporre,
anziché una sola volta, due volte la parola Fiat, “sia fatto”,
a una supplica accolta senza riserve, con particolare favore. Il doppio Fiat era
abbreviato in “FF”: bis effe. Ma l’origine più probabile
starebbe nel termine arabo bizzaf, “molto”.
avere il
bernoccolo Avere una
particolare predisposizione a fare qualcosa, ad apprendere una scienza o
un’arte. L’origine della locuzione sta nelle teorie del medico
tedesco F.J. Gall (1758-1828), secondo le quali l’esame della conformazione del
cranio rivelerebbe lo stato neuropsichico e le tendenze di una persona. Nella
patologia criminale, teorie analoghe furono quelle elaborate da Cesare
Lonibroso.
Ai tempi che Berta
filava Al tempo dei
tempi, chissà quando nel passato. Chi fosse questa Berta (nome molto comune nel
Medioevo) e quale l’origine del detto, nessuno lo sa. C’è chi risale a “Berta
dai grandi piedi”, supposta madre di Carlomagno. Comunque si dice spesso: Non
sono più i tempi che Berta filava, come nostalgico
richiamo al passato, o come invito ad aggiornarsi, a togliersi dalla mente
illusioni retrograde.
a babsurdo Latino: per assurdo. Si dice di
un’argomentazione volta a dimostrare la verità attraverso gli assurdi che si
dovrebbero ammettere accettando il suo contrario. Oggi si usa soprattutto per
le dimostrazioni matematiche.
ab aeterno (pron. “ab etèrno”) Latino: dall’eternità.
Nell’uso comune, la locuzione è usata col significato “da tempi remotissimi”.
Deriva dalla teologia, dove più propriamente si adopera con riferimento alla
generazione eterna del Verbo. a b imo pèctore Latino: dal
profondo del petto, del cuore. Locuzione usata talvolta nel linguaggio comune,
per indicare l’assoluta sincerità e spontaneità di un’affermazione.
A babbo morto Si dice di prestiti (ma anche di acquisti,
eccetera), che chi ha la prospettiva di entrare in possesso di un’eredità
contrae con qualcuno, generalmente un usuraio, promettendo di restituire la
somma avuta o di pagare la cosa acquistata quando avrà ereditato. La locuzione
significa “a data indefinita” e anche, a causa degli esosi interessi pretesi
dall’usuraio, “sconsideratamente, in modo avventato”. Nel primo caso, dal punto
di vista di chi fa il prestito; nel secondo, da quello dell’incauto che lo
contrae. acca È lo stesso che “niente”, nelle
espressioni non capire, non sapere un’acca. Ciò dipende dal fatto
che la lettera h non ha un suono proprio e autonomo nella
lingua italiana.
Achille sotto la
tenda Secondo quanto
narra l’Iliade, Achille, sdegnato contro Agamennone, si ritirò
dalla guerra rimanendo a lungo appartato nella propria tenda e abbandonando
l’esercito del re acheo alla disfatta. Fare l’Achille sotto
la tenda si usa per lo più in senso ironico, con l’implicazione che lo
sdegnoso appartarsi dell’Achille in questione è presuntuoso e a sproposito, e
che non otterrà l’effetto di danneggiare l’Agamennone della situazione.
all’ acqua di rose L’acqua di rose è una delicata soluzione
di essenza di rose, usata come detergente o emolliente per la pelle. Da qui la
locuzione citata, che si usa a proposito di cose fatte con superficialità, di
rimedi inadeguati, semplici palliativi.
acqua in bocca! Esortazione a mantenere il segreto, a non
lasciarsi sfuggire una parola di quanto si è detto in stretta confidenza.
All’origine del detto sarebbe un aneddoto raccontato dal lessicògrafo
fiorentino Pietro Giacchi: secondo tale aneddoto, una donnetta maldicente ma
devota pregò il suo confessore di darle un rimedio contro quel peccato. Un
giorno il prete le diede una boccetta d’acqua di pozzo, raccomandandole di
tenerla sempre con sé e di versarne qualche goccia in bocca, tenendo questa ben
chiusa, ogni volta che fosse assalita dalla tentazione di sparlare del
prossimo. Così fece la donna, e ne trasse tanto giovamento da ritenere che
quell’acqua avesse virtù miracolose. Se non è vera — come si usa dire — è ben
trovata. acqua passata non macina più Si dice di cose e
avvenimenti che non hanno più effetto né valore: come l’acqua che, essendo
ormai passata oltre la ruota del mulino, non può più muoverla per macinare il
grano.
avere (sentirsi, far venire) l’ acquolina
in bocca Sono tutte
espressioni che, letteralmente, si riferiscono alla saliva che si produce in
bocca alla vista o al solo pensiero di una pietanza appetitosa. Per estensione,
alludono in generale a cosa vivamente desiderata, appetibile.
ad audièndum
Verbum Latino: per
ascoltare la Parola, il Verbo. Locuzione usata ironicamente, con riferimento a
un subalterno convocato dal superiore per ricevere ordini, o istruzioni, o
anche lavate di capo.
ad augusta per
angusta Latino: alle
cose eccelse per vie strette. La locuzione significa che non si possono
raggiungere alti traguardi senza sottostare a duri sacrifici. È la parola
d’ordine dei congiurati nel dramma Emani (atto IV) di Victor
Hugo.
adelante, Pedro, con juicio (pron. “…huìzio”) Spagnolo: avanti, Pietro, con giudizio.
Frase messa dal Manzoni (Promessi sposi, cap. XlI) in bocca al
cancelliere Ferrer, che la rivolge al suo cocchiere, mentre la carrozza passa
attraverso una folla di dimostranti, diretta al palazzo del Vicario di
provvisione assediato e minacciato di morte. Si usa per raccomandare attenzione
e massima prudenza nell’operare
ad hoc (pron. “ad òk”) Latino: per ciò, per
questo effetto. Locuzione usata per indicare che una persona, una frase, una
spiegazione sono proprio quelle più adatte alla circostanza, o allo scopo che
ci si prefigge. Perciò si dice: una cosa ad hoc; la
persona ad hoc, ossia scelta espressamente, tagliata su misura
per la funzione assegnatale.
ad honorem (pron. “ad onòrem”) Latino: ad onore.
Locuzione usata a proposito di incarico o qualifica conferiti a titolo
onorifico, e senza i relativi emolumenti: una presidenza onoraria, per esempio,
affidata per dare lustro a un sodalizio o anche a una società commerciale,
mentre il potere effettivo è in altre mani. Si dice anche di laurea conferita
senza necessità di esami, discussioni di tesi, eccetera, per i meriti
eccezionali conseguiti da una persona nel campo di studi attinenti alla laurea
stessa.
ad impossibilia nemo
tenetur Latino:
nessuno è tenuto a fare ciò che è impossibile. Ovvio aforisma
giuridico, ma anche uno dei cardini del diritto delle obbligazioni: Uno dei
requisiti essenziali di un contratto è la possibilità del suo
oggetto.
ad lìbitum Latino: a piacere, a volontà. Riferito a
cosa, azione la cui quantità o durata è lasciata alla volontà della persona
interessata. La formula, spesso abbreviata in ad lib., si
legge ancora talvolta nelle ricette
mediche. E usata nella liturgia, ma soprattutto come didascalia musicale per indicare che l’esecuzione di un passo, la ripetizione di un ritornello, eccetera, sono affidate alla libera interpretazione dell’artista.
mediche. E usata nella liturgia, ma soprattutto come didascalia musicale per indicare che l’esecuzione di un passo, la ripetizione di un ritornello, eccetera, sono affidate alla libera interpretazione dell’artista.
ad maiòra! Latino: a cose più grandi! Formula di
augurio: la si rivolge, generalmente, a chi ha conseguito un successo, per
auspicare che ne consegua presto di maggiori.
ad maiòrem Dei gloriam Latino: a maggior gloria di Dio. Spesso
abbreviato in A.M.D.G., è il motto della Compagnia di Gesù,
fondata da sant’Ignazio da Loyola nel 1534.
ad multos annos Latino: per molti anni. Formula
pronunciata dal vescovo consacrato e rivolta al consacrante. Nell’uso comune, è
un augurio generico che equivale a: cento di questi giorni; o
al napoletano: possa campa’ cient’anni.
ad patres Latino: agli antenati. Ire ad
patres significa “andare a rivedere gli antenati”, ossia morire.
Donde, per corruzione, l’italiano andare a patrasso .
ad usum delphini (pron. “...delfìni”) Latino: a uso del
Delfino. Il Delfino era l’erede al trono di Francia, e questo motto venne
stampato sul frontespizio di una serie di classici latini purgati dei passi più
scabrosi, iniziata a cura di Bossuet e Huet per ordine del duca di Montausier,
nominato dal Re Sole, Luigi XIV, precettore del Gran Delfino. La frase viene
usata in senso spregiativo, riferendola a cosa, a verità manipolata e adattata
al solo scopo di compiacere una data persona o parte, e in genere a notizia
“addomesticata”, che cela parte della verità, travisandola. a
fortiori (pron. “a forziòri”) Latino: sottinteso ratione, “a
maggior ragione”. Si dice di argomento logico, che deve essere accettato come
valido per il fatto che un altro argomento, precedente, lo è stato.
ago della bilancia Espressione usata in senso figurato per
indicare persona, fazione, partito (soprattutto se di scarso peso in senso
assoluto), il cui atteggiamento può, data una situazione, determinare l’evolversi
di questa in un senso piuttosto che in un altro.
aiutati che il ciel (o Dio) t’aiuta Detto proverbiale, che ha corrispondenze quasi letterali in molte lingue. Il significato, intuitivo, è che il primo e principale aiuto viene da noi stessi. à la belle étoile (pron. “a la bèl etuàl”) Francese: alla bella stella, cioè all’aperto, allo scoperto. Dormire à la belle étoile significa dormire all’addiaccio, in genere per non esser riusciti a trovare un letto. Ha un corrispondente italiano nella locuzione dormire all’albergo della luna (o delle stelle). à la fortune du pot (pron. “a la fortùn du pò”) Francese: alla fortuna della pentola. Mangiare
aiutati che il ciel (o Dio) t’aiuta Detto proverbiale, che ha corrispondenze quasi letterali in molte lingue. Il significato, intuitivo, è che il primo e principale aiuto viene da noi stessi. à la belle étoile (pron. “a la bèl etuàl”) Francese: alla bella stella, cioè all’aperto, allo scoperto. Dormire à la belle étoile significa dormire all’addiaccio, in genere per non esser riusciti a trovare un letto. Ha un corrispondente italiano nella locuzione dormire all’albergo della luna (o delle stelle). à la fortune du pot (pron. “a la fortùn du pò”) Francese: alla fortuna della pentola. Mangiare
à la fortune du
pot equivale
all’italiano: mangiare quello che c’è, quello che passa il
convento. à la guerre comme à la guerre (pron. “a la ghèr
kòm a la ghèr”) Francese: in guerra come in guerra. Significa che bisogna
adattarsi alle circostanze, visto che non si può fare altrimenti. a
làtere Latino: a fianco. Legato pontificio, in genere un cardinale,
che agisce quale alter ego del Papa in missioni particolari o
in cerimonie di grande solennità. Più comunemente si legge oggi del giudice
a làtere, che è un magistrato di carriera il quale,
a fianco del presidente, forma il tribunale. L’espressione si applica anche a
per-sona che è in grande confidenza con un’altra e che si vede sempre in sua
compagnia.
àlea iacta est Latino: il dado è stato gettato. O, come
si dice proverbialmente, il dato è tratto, a indicare che è
stata compiuta una scelta, presa una decisione irrevocabile, quali che possano
esserne le conseguenze. La famosa frase fu pronunciata da Cesare, secondo
quanto narra lo storico Svetonio (Vita di Cesare, 52), allorché
passò con il suo esercito il Rubicone, in Romagna, per marciare su Roma contro
Pompeo, nel gennaio del 49 a.C. Tale atto ne faceva automaticamente un nemico
della Repubblica, poiché una legge imponeva ai generali che entravano in Italia
dal Settentrione di congedare le truppe prima di passare questo fiume.
abbassare le ali Lo stesso che abbassare la cresta
, cioè smettere la superbia e assumere un atteggiamento più modesto e
remissivo.
àlias Latino: altrimenti. Avverbio che appare per lo più nella cronaca giornalistica per indicare il nome falso assunto da un furfante o il nomignolo con cui è noto.
àlias Latino: altrimenti. Avverbio che appare per lo più nella cronaca giornalistica per indicare il nome falso assunto da un furfante o il nomignolo con cui è noto.
àlibi Latino: altrove. Nel diritto, mezzo di
difesa dell’imputato consistente nel dimostrare che, al momento in cui fu
commesso il reato, egli non si trovava nel luogo dello stesso, ma altrove. Nel
linguaggio comune, per esempio nella frase: cercare un alibi morale, significa
scusa o pretesto per sfuggire alle proprie responsabilità.
all right (pron. “òl ràit”) Inglese: tutto bene,
tutto per il giusto verso. Ma è stato quasi completamente scalzato
dall’americano O.K.
alter ego Latino: un altro me stesso. Si dice di
persona che rappresenta in tutto e per tutto un’altra, che ha la piena fiducia
di questa. alla macchia La macchia, boscaglia caratteristica
dei Paesi mediterranei, era (ed è) il nascondiglio ideale per chi aveva conti
in sospeso con la giustizia. Perciò le locuzioni:
darsi alla macchia, cioè al brigantaggio, rendersi latitante
(durante la Seconda guerra mondiale significò anche unirsi ai partigiani, o
semplicemente isolarsi in luogo sicuro); libro, manifesto
stampato alla macchia, ossia clandestinamente, senza le
prescritte indicazioni dell’editore e dello stampatore.
amico del giaguaro Nata da una barzelletta ed entrata nel
parlare comune grazie a un fortunato spettacolo di varietà televisivo,
l’espressione si usa scherzosamente per mettere in dubbio la lealtà di un amico
che, secondo noi, solleva troppe obiezioni.
amico Fritz Si dice a volte, con evidente ironia circa la
genuinità della sua amicizia, alludendo a persona nota agli interlocutori, ma
che questi non vogliono nominare esplicitamente.L’amico Fritz è
un’opera lirica di Pietro Mascagni.
amleto, amletico Amleto è il protagonista dell’omonima tragedia di William Shakespeare, la tragedia del pensiero, del dubbio che paralizza l’azione e mina la volontà. Perciò si parla didubbio amletico e di essere un amleto, cioè persona chiusa nella meditazione e travagliata dal dubbio, incapace di giungere a una decisione. ammucchiata Dall’accezione di riunione di più coppie a fini erotici, in genere con scambio dei partner fra le coppie stesse, è derivata quella ammucchiata politica per cui partiti eterogenei e spesso ideologicamente contrapposti formano palesi o tacite alleanze, pur dì spartirsi il potere. È dunque un termine spregiativo; ma i pubblicitari gli hanno già cambiato i connotati: Un’ammucchiata di successi in questo nuovo LP. È presumibile che si siano rifatti al significato erotico.
amleto, amletico Amleto è il protagonista dell’omonima tragedia di William Shakespeare, la tragedia del pensiero, del dubbio che paralizza l’azione e mina la volontà. Perciò si parla didubbio amletico e di essere un amleto, cioè persona chiusa nella meditazione e travagliata dal dubbio, incapace di giungere a una decisione. ammucchiata Dall’accezione di riunione di più coppie a fini erotici, in genere con scambio dei partner fra le coppie stesse, è derivata quella ammucchiata politica per cui partiti eterogenei e spesso ideologicamente contrapposti formano palesi o tacite alleanze, pur dì spartirsi il potere. È dunque un termine spregiativo; ma i pubblicitari gli hanno già cambiato i connotati: Un’ammucchiata di successi in questo nuovo LP. È presumibile che si siano rifatti al significato erotico.
amor, ch’a nullo amato
amar perdona Dante (Inf.,
V, 103). Nel racconto di Francesca da Rimini, significa — secondo le
teorie sull’amore svolte da Guido Guinizelli e accettate da Dante — che Amore
non consente a chi è amato di non riamare. Cosa non sempre vera, ma ognuno ha
il diritto di credere nelle proprie illusioni.
amor di fratello, amor
di coltello Vuol
dire che spesso le più aspre inimicizie si manifestano tra fratelli.
L’evangelico “amatevi come fratelli” resta una lodevole esortazione,
frequentemente contraddetta da una realtà che il proverbio, disincantato e
cinico come molti proverbi, si limita a costatare. ancien régime (pron.
“ansièn rezim”) Francese: vecchio regime. Espressione con cui si designò, dopo
la Rivoluzione Francese, il deposto regime monarchico e assolutista dei
Borboni: da parte dei rivoluzionari con disprezzo, dai reazionari con
nostalgia. Cosi, pur in mutate circostanze storiche, suona ancor oggi, e ha
conservato il duplice valore che aveva in origine, secondo l’opinione di chi la
usa, e anche senza allusioni politiche.
Annibale alle
porte Traduzione dal
latino: Hannibal ad portas. Proverbiale, per avvertire
dell’imminenza di un pericolo. Nacque tra i Romani, dopo la scon-fitta di
Canne, quando si temeva che da un momento all’altro Annibale potesse comparire
con il suo esercito alle porte di Roma. Cicerone la riporta nella prima delle
sue celebri Filippiche, le orazioni contro M. Antonio (44
a.C.), pari in veemenza a quelle di Demostene contro Filippo il Macedone (IV
sec. a.C.).
ante lìtteram Latino: avanti lettera. Si dice di persona, o di fenomeno culturale, politico, eccetera, che ha precorso i tempi in cui si è storicamente manifestato. “Lettera” era chiamata l’iscrizione apposta alle incisioni d’arte, quale didascalia; le prove delle incisioni tirate senza la “lettera”, prima della stampa vera e propria, erano dette ante litteram e, proprio per questo motivo, avevano grande pregio. apertis verbis Latino: con parole franche. Schiettamente, senza peli sulla lingua, chiaro e tondo.
ante lìtteram Latino: avanti lettera. Si dice di persona, o di fenomeno culturale, politico, eccetera, che ha precorso i tempi in cui si è storicamente manifestato. “Lettera” era chiamata l’iscrizione apposta alle incisioni d’arte, quale didascalia; le prove delle incisioni tirate senza la “lettera”, prima della stampa vera e propria, erano dette ante litteram e, proprio per questo motivo, avevano grande pregio. apertis verbis Latino: con parole franche. Schiettamente, senza peli sulla lingua, chiaro e tondo.
avere molto aplomb (pron. “aplòn”) Dal francese aplomb; letteralmente:
a piombo, perpendicolare. Significa possedere un’assoluta, e a volte sfrontata,
sicurezza di sé. In un certo senso, una bella faccia tosta.
a posteriori Latino: da ciò che è posteriore. Quel tipo
di ragionamento per cui si deduce la causa dall’effetto: vedendo un orologio,
deduciamo che debba esserci, o esserci stato, un fabbricante di orologi. Spesso
la locuzione è usata nel senso puro e semplice di “dopo, a cose fatte”. a
priori Latino: da ciò che precede. Termine filosofico che nel
linguaggio comune è impiegato per descrivere, riprovandolo, l’atteggiamento di
chi emette giudizi basati su sue convinzioni preconcette e non alla luce
dell’esperienza obiettiva.
araba fenice Si dice di cosa o persona unica, senza
uguali, oppure immaginaria, inesistente. Trovare un idraulico, oggi, è
come trovar l’araba fenice, della quale il Metastasio scriveva:che
vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. La fenice — la cui
prima menzione si trova in Erodoto (Storie, II, 73) — era un
uccello favoloso del quale esi-steva un solo esemplare che si riproduceva
se-condo una strana forma di partenogenesi, cioè rinascendo dalle proprie
ceneri. A causa di questa leggenda, la fenice fu assunta a simbolo di unicità,
di immortalità e di resurrezione. a ria fritta Ormai ha
stancato, questo modo di dire riferito a parole prive di contenuto, gonfie solo
dell’aria emessa per pronunciarle. In genere commenta i discorsi fumosi, le
promesse illusorie, campate in aria. Fritta, appunto.
armiamoci e partite! Questa battuta fu messa in voga da Lorenzo Stecchetti (pseudonimo di Olindo Guerrini) nel 1895, al tempo della prima impresa abissina, che doveva concludersi male per l’Italia l’anno dopo: ne fecero largo uso, allora e dopo, gli antimilitaristi, e la si ripete ancora oggi per ironizzare su chi sprona gli altri a rischiare, ad affrontare disagi e pericoli, badando bene, però, a non farlo egli stesso.
armiamoci e partite! Questa battuta fu messa in voga da Lorenzo Stecchetti (pseudonimo di Olindo Guerrini) nel 1895, al tempo della prima impresa abissina, che doveva concludersi male per l’Italia l’anno dopo: ne fecero largo uso, allora e dopo, gli antimilitaristi, e la si ripete ancora oggi per ironizzare su chi sprona gli altri a rischiare, ad affrontare disagi e pericoli, badando bene, però, a non farlo egli stesso.
asinus asinum
fricat Latino:
l’asino si strofina all’asino. La frase cade a proposito osservando due
sciocchi e vanesi che, incontrandosi, si scambiano lodi sperticate, e
immeritate.
aspetta e spera... È nell’uso familiare e ha lo stesso
significato e valore di campa cavallo... , come dire: “Ti
illudi, caro mio!” Proviene da Faccetta nera, marcetta che
accompagnò la campagna di Etiopia (1935-1936) e la conquista del nostro
effimero impero coloniale.
assalto alla
diligenza Nel linguaggio
parlamentare italiano la frase si diffuse al principio del 1915, quando l’on.
Salandra definì in tal modo le manovre dell’opposizione per far cadere il
governo. La si usa tuttora per qualificare gli intrighi orditi da persone o
gruppi di persone per scalzare dal loro posto altre persone o gruppi; e
soprattutto quando scopo ultimo degli intrighi è l’arrembaggio al “carrozzone”,
cioè agli incarichi lautamente retribuiti.
avere un asso nella
manica Nei giochi di
carte, l’asso nascosto nella manica ce l’hanno i bari. Ma in senso figurato
l’espressione non implica necessariamente un giudizio morale negativo.
Significa aver delle risorse, delle proposte, degli argomenti tenuti in serbo e
che, fatti valere al momento più opportuno, assicureranno il successo, la
vittoria.
audaces fortuna
iuvat Latino: la
fortuna aiuta gli audaci. Variante più comunemente usata dall’emistichio (mezzo
verso) audentes fortuna iuvat, che si trova in Virgilio (Eneide,
X, 284) e che si completa con le parole timidosque repellit, “e
respinge i vigliacchi”. Si cita per spronare i pavidi all’azione, allo stesso
modo del proverbio: Chi non risica non rosica.audience (pron.
“òdioens”) Inglese dell’ ”aziendese”; c’è qualche zelante (a sproposito) che
l’ha tradotto con “udienza”, apparentandolo ai tribunali. Il termine indica
quel gruppo di persone (lettori di giornali, spettatori televisivi e
cinematografici, ascoltatori della radio, eccetera) che è raggiunto da un
messaggio pubblicitario in un certo periodo di tempo. Questaaudience è
in stretto legame di parentela con il target, cioè il
bersaglio del messaggio pubblicitario e insieme l’obiettivo di vendite da
raggiungere.
aurea mediòcritas Latino: aurea mediocrità. La elogia Orazio (Odi, Il, 10, 5-6), la scherniscono gli ambiziosi. È quello stato di modesta felicità che raggiunge chi sa accontentarsi, tenendosi lontano da posizioni estreme e senza affannarsi per emergere a tutti i costi.
aurea mediòcritas Latino: aurea mediocrità. La elogia Orazio (Odi, Il, 10, 5-6), la scherniscono gli ambiziosi. È quello stato di modesta felicità che raggiunge chi sa accontentarsi, tenendosi lontano da posizioni estreme e senza affannarsi per emergere a tutti i costi.
aut aut Latino: o…o. Locuzione usata quando si
ingiunge a qualcuno di compiere una scelta definitiva, e in genere troppo a
lungo procrastinata.
aut Caesar aut
nihil Latino: o
Cesare o nulla. Motto di Cesare Borgia, il celebre Valentino, derivato da una
famosa frase attribuita a Giulio Cesare, il quale l’avrebbe pronunciata mentre
attraversava un modesto borgo alpino: “Meglio essere il primo in questo
villaggio che il secondo a Roma”. I due personaggi non peccavano certo di
modestia.
ave, Caesar (o
imperàtor), morituri te salutant! Latino: ave, Cesare (o imperatore), quelli che
vanno a morire ti salutano! Era il saluto che i gladiatori, secondo quanto
riferisce lo storico Svetonio (Claudio, 21), rivolgevano
all’Imperatore, schierati davanti al suo palco, prima di cimentarsi nelle
cruente e spesso mortali gare del circo. Si usa, per lo più scherzosamente, quando
ci si accinge ad affrontare un pericolo, vero o supposto, un esame difficile,
eccetera.
avvocato del
diavolo Dal
latino advocatus diaboli. Si dice di chi, a fini puramente
dialettici, cerca ogni argomento, anche il più capzioso, per contestare una tesi.
Deriva dal nome popolarmente dato al “promotore della fede”, ossia all’avvocato
concistoriale, che, nei processi di canonizzazione, ha il compito di sollevare
tutte le obiezioni possibili affinché, confutate queste oltre ogni dubbio, sia
dimostrata la santità di colui che ci si propone, attraverso il processo, di
elevare all’onore degli altari.
azzeccagarbugli Il dottor Azzeccagarbugli è il meschino e pa-vido
avvocato dal quale, nel terzo capitolo dei Promessi sposi di
Alessandro Manzoni, si reca Renzo per chiedergli, ma invano, la protezione
della legge contro le prepotenze di don Rodrigo. Il termine è usato per
indicare un avvocato da strapazzo, un intrigante, un individuo capzioso pronto
a cogliere ogni pretesto per aver ragione.
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