miércoles, 16 de julio de 2014

Il cervo e la vite

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Tratto dalla fiaba di Esopo.
Era una mattina di primavera. Il sole brillava alto in un cielo azzurro e limpido mentre un gruppo di uccellini ciangottavano allegramente tra i rami di un'alta quercia. Un bellissimo cervo dal manto splendidamente fulvo, brucava tranquillo l'erba di una vasta distesa situata ai confini di una piccola fattoria. Proprio quel giorno un grande orso e un vecchio cane decisero di catturare un cervo da tenere rinchiuso nel recinto del podere per allietare i loro cuccioli. Cosi, vagando tra i campi, videro quasi per caso l'animale che pascolava sereno.
Senza perdere tempo gli corsero incontro per agguantarlo ma fortunatamente egli, comprendendo al volo la situazione, si lanciò in una corsa sfrenata per sfuggire alle loro insidiose grinfie. Poco distante cresceva, placidamente accarezzata dai caldi raggi del sole che dominava il cielo, una magnifica vite selvatica ricolma di fronde e grappoli di un'uva succosa e matura.
Il cervo decise di nascondersi all'ombra di quel folto intrico di foglie, sicuro che nessuno sarebbe mai riuscito ad individuarlo. Infatti, quando l'orso e il cane passarono non furono in grado di vederlo e andarono oltre. Tranquillizzato per lo scampato pericolo, l'animale tirò un sospiro di sollievo e, allettato dal buon profumo che emanava la vite, iniziò a mangiucchiare i suoi grappoli d'uva e le sue gustose foglie.
Fu proprio in quel momento che il cane si accorse della sua presenza: ascoltando con attenzione egli aveva potuto distinguere quello strano rumore e, tornando sui suoi passi riuscì a scorgere il cervo che masticava la vigna incurante del pericolo. Per la preda non vi fu più scampo. I due cacciatori gli balzarono addosso e lo catturarono senza difficoltà trascinandolo fino alla loro fattoria.
Da quel giorno in poi, il povero cervo fu costretto a pascolare solo all'interno di un recinto divenendo un'attrazione per i cuccioli che lo ammiravano divertiti. E tutto a causa della sua golosità.
A volte, le premature certezze, si trasformano in delusioni molto pericolose. Non bisogna mai sottovalutare il pericolo finché esso non è realmente passato.

La meravigliosa storia di Pasqualo e Alice

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In mezzo all'oceano vivevano due creature, una grande grande e l'altra piccolissima, Pasqualo e Alice.
Pasqualo era un pesce lungo venti metri e pesante trecento quintali, mentre Alice era una sardina lunga dieci centimetri e pesante venticinque grammi. Ogni giorno, tutti e due se ne andavano a spasso per l'oceano, ognuno per conto proprio, a cercare da mangiare.
Pasqualo usciva da solo e non aveva paura di nulla, mentre Alice andava in branco insieme alle altre amichette sardine, stando ben attenta ai pesci più grossi e ai mille pericoli di quel luogo grande e blu. Ma un bel giorno, mentre cercava il suo pranzetto quotidiano, Alice si trovò sola in mezzo al mare.
"Amiche, amiche...dove siete?" gridò spaventata. "Venite a prendermi, ho paura..." Non veniva nessuno, Alice si era persa. Così, la povera sardina impaurita si mise a piangere ma le sue lacrime non erano che goccioline nell'oceano.
Dopo qualche ora, iniziò a fare buio e Pasqualo, che stava ritornando nella sua tana per dormire, passò dal pezzo di mare in cui Alice si trovava ancora a piangere. "Guarda, guarda" pensò. "Ho già mangiato e non ho più fame, ma questa sardina è talmente piccola che non farò indigestione."
D'un tratto, Alice vide la grossa ombra dello squalo che si avvicinava e, terrorizzata, disse: "ti prego, non farmi del male. Mi sono persa, non trovo più le mie amiche..." Allora lo squalo le rispose: "lo sai che non puoi chiedermi questo, vero? Sono Pasqualo, lo squalo più squalo di tutti" e aprì la bocca per divorare la piccina. Ma Alice lo guardava con gli occhioni spalancati, così Pasqualo, all'ultimo momento, le chiese come si chiamava. E Alice gli raccontò la sua storia.
Grande e grosso com'era, Pasqualo ebbe pietà e decise di prendere con sé la piccola amica. Da quel momento iniziò per entrambi una vita nuova. Pasqualo e Alice facevano tutto insieme e non si lasciavano mai, fino a quando si innamorarono l'uno dell'altra. I pesci che li vedevano in coppia non riuscivano a capacitarsi: "ma come?! Uno grande e l'altra piccola!" diceva uno. "Un cacciatore con una preda!" diceva l'altro. "Questa storia è destinata a finire male" diceva l'altro ancora. E tutti scuotevano la testa. Ma Pasqualo e
Alice non se ne curavano, si volevano bene e niente poteva dividerli.
L'oceano è un posto talmente grande che non tutti sono uguali. Ancora oggi c'è infatti qualcuno che, vedendo lo squalo e la pesciolina nuotare insieme, coda nella coda, si commuove: "è proprio vero che l'amore non conosce lunghezza o peso, colore o aspetto. Che importa preda o cacciatore, l'amore vince su tutto!"
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La volpe e l'anatra


C'era una volta una giovane volpe che affamata se ne andava in giro in cerca di cibo. Lungo la strada scorse un casolare, al di fuori di esso vi era una piccola anatra che felice se ne stava beata in prossimità di un fresco ruscello.
La volpe avvistato l'animale si avvicinò circospetta e con fare gentile gli chiese.
"Come ti chiami bella anatra? "
" Mi chiamo Polly , la mia famiglia mi alleva con dedizione e tanto amore" dichiarò orgogliosa.
La volpe rassicurata dal fare cordiale dell'anatra replicò:
"Al di là della valle dimora un uomo molto ricco, egli ha grande fiducia in me, per questo mi ricompensa con dieci denari al giorno e campo da gran signore".
" Davvero? " - rispose incuriosita la piccola anatra - "
Bene, perché non ci porti anche me, vorrei anch'io guadagnare un po' di denaro.
"Certamente" - rispose soddisfatta la volpe -" Sarò ben lieta di accompagnarti".
Così terminata la conversazione, si diedero appuntamento per il giorno dopo al di là del piccolo ruscello.
La mattina seguente, l'astuta volpe, si posizionò dietro un folto cespuglio, pronta a tendere l'agguato alla povera anatra, già pregustava l'appetitoso pranzetto, sicura che da lì a poco avrebbe portato a termine l'inganno.
L'anatra non tardò ad arrivare, ma avvedutamente si presentò dall'altra parte della strada, con accanto a sé il suo fedele padrone, il quale teneva in mano un grosso fucile. L'uomo individuato l'animale, iniziò a sparare dei sonori colpi in aria, così da far correre in tutta fretta la volpe, che se la diede a gambe elevate dileguandosi al di là del bosco, rimanendo così a bocca asciutta.