sábado, 12 de julio de 2014

LA BELLA SCONOSCIUTA

Una sera mi trovavo in viaggio in una città straniera e lontana. Era l’ultimo giorno che passavo in Russia e
mentre aspettavo il treno che doveva riportarmi in Italia e cenavo nel ristorante della stazione, notai, a un
tavolo poco lontano dal mio, una bellissima e giovanissima donna sola. “Peccato, pensai, non la rivedrò mai
più in vita mia. Fra poco un oscuro treno addormentato mi riporterà veloce verso il caldo cielo d’Italia, e mai
più rivedrò i begli occhi e la fronte serena di questa donna che avrei tanto amata, se l’avessi incontrata
prima.”
Raggiunsi il mio posto nel vagone-letto, feci preparare la cuccetta e mi addormentai. Il giorno dopo, mentre
mi recavo al vagone-ristorante, con altri viaggiatori, vidi con sorpresa la bellissima sconosciuta che leggeva
in una cabina sola. Poi la intravidi un momento alla stazione dove io cambiavo treno, ma tra la folla, la persi
subito di vista; né del resto avrei potuto seguirla. Alla frontiera tedesca durante il controllo dei bagagli, chi
mi trovo vicino? La bella sconosciuta. Purtroppo un asino di doganiere mi fece perdere tempo e non potei
vedere verso quale binario andava. A Berlino cambiai nuovamente treno e quando andai a far colazione nel
vagone-ristorante, chi vidi a un tavolo in fondo? La bellissima sconosciuta. Ma lei non si accorse nemmeno
di me. Nel suo scompartimento non c’era posto. Perciò, abbandonai la partita, immaginando che sarebbe
scesa a una qualunque delle stazioni che toccavamo. A Firenze non pensavo più alla bella viaggiatrice,
quando, sceso per comprare dei giornali, la vidi affacciata a un finestrino del mio stesso treno. In breve, la
rividi, potete immaginare con che gioia, a Roma, che era la mia meta finale. “Qui – dissi – non mi sfugge”.
Prese un taxi, io ne presi un altro e la seguii. E immaginate la mia sorpresa, quando la vidi scendere al
portone di casa mia. Feci le scale dietro di lei, con crescente meraviglia. Era la porta del mio appartamento.
In breve: si trattava della figlia d’una compagna di collegio di mia madre, che veniva ospite nostra. L’ignota
viaggiatrice intravista nella lontana stazione d’una città sperduta nella Russia, fugacemente apparsa in una
sera di partenza, tra i mille passanti d’un paese dove non sarei più tornato, divenne mia moglie.

[Achille Campanile, Se la luna mi porta fortuna, Rizzoli, Milano 1960]

Brutti fuori, belli dentro: la bellezza interiore

Bella e la Bestia
Un antico insegnamento ci raccomanda di ricordare che non conta come si è fisicamente, ma, al contrario, (come il Brutto Anatroccolo alla fine diventa cigno) la vera bellezza è quella dell'animo. Quindi, che si può e si deve amare una persona per le virtù e le qualità umane, e che non ha nessuna importanza se questa persona non è esteticamente attraente. Un tema universale, probabilmente uno dei più ricchi di significato, questo, sempre valido, che la fiaba della Bella e la Bestia da secoli ci insegna; e come essa, molti altri bellissimi racconti, ricchi di sentimento e importanti spunti di riflessione sempreverdi.
Per non dimenticare!!!
CAPPUCCETTO ROSSO
C'era una volta una ragazzina dolce e buona; tutti quelli che la vedevano l'amavano, ma specialmente sua nonna, che non sapeva più cosa regalarle. Una volta le diede un berrettino di velluto rosso, e siccome le stava così bene e la bambina voleva indossarlo sempre, cominciarono a chiamarla la piccola Cappuccetto Rosso. Una volta la mamma le disse: "Vieni, Cappuccetto Rosso. Qui c'è una porzione di torta e una bottiglia di vino: prendili e portali alla nonna, che è a letto, debole e malata; le faranno tanto bene. Comportati come si deve e portale i miei saluti. Fa' la brava, non allontanarti dal sentiero, e sta' attenta a non far cadere la bottiglia, altrimenti si romperà e per la nonna non resterà più niente. E quando entrerai nell'ingresso, non dimenticarti di darle il buongiorno e non metterti a curiosare dappertutto come fai di solito." "Mi comporterò bene" rispose Cappuccetto Rosso, stringendo la mano della mamma.
La nonna abitava nella foresta, a mezz'ora dal villaggio; quando Cappuccetto Rosso entrò nel bosco, fu avvicinata da un lupo, e, siccome ella ignorava che esistessero animali cattivi, di lui non ebbe paura. "Buongiorno, piccola Cappuccetto Rosso." "Grazie, lupo." "Dove te ne vai, così di buon'ora?" "Dalla nonna." "Cosa porti nel grembiule?" "Torta e vino per la nonna che è a letto malata. La mamma l'ha sfornata ieri, e insieme al vino le ridarà un pò di forze." "Senti, Cappuccetto Rosso, dove vive tua nonna?" E Cappuccetto Rosso rispose: "la sua casa si trova a più di un quarto d'ora da qui, nel bosco, sotto le tre querce: c'è una siepe di noccioli laggù; penso che tu conosca il posto." Il lupo pensò tra sé: 'Questa bambinetta sarebbe un bocconcino prelibato per me, avrà un sapore di gran lunga superiore a quello della vecchia! Fatti furbo, vecchio mio, e cadranno tutte e due in trappola." Allora, si mise ad accompagnare Cappuccetto Rosso per un piccolo tratto di strada, dicendo: "Ehi, Cappuccetto Rosso, guarda laggiù, che bei fiori colorati: perché non ne raccogli un po'? E senti che belle canzoncine stanno cinguettando gli uccellini! Stai camminando come se stessi andando a scuola, pensa invece che stai facendo una passeggiata in questo bel bosco." La piccola Cappuccetto Rosso aprì gli occhi e quando vide i raggi del sole giocare a rimpiattino con gli alberi e il bel prato tutto ricoperto di bellissimi fiori, pensò: 'Ma sì, penso che alla nonna farebbe piacere se le portassi un bel mazzolino di fiori, e poi, è ancora presto: tornerò a casa in orario.' Così, abbandonò il sentiero maestro che portava nella foresta, per chinarsi a raccogliere i fiori; ad ogni fiorellino che coglieva, pensava che di lì a poco ne avrebbe trovato uno ancora più bello, così, finì per addentrarsi sempre più nel fitto del bosco. Nel frattempo, l'astuto lupo corse dritto a casa della nonna e bussò alla porta. "Chi va là?" "Sono io, la piccola Cappuccetto Rosso: sono venuta a portarti un po' di torta e del buon vino, apri la porta." "Spingi il chiavistello," gridò la nonna, "io sono troppo debole per alzarmi." Il lupo spinse il chiavistello ed aprì la porta; avanzò nella stanza, e si diresse dritto al letto dell'ammalata e se la pappò in un boccone; poi, si mise addosso i suoi abiti e la cuffia, s'infilò nel letto e chiuse le tende. Frattanto Cappuccetto Rosso si era persa dietro ai fiori; dopo che ne ebbe fatto un bel mazzo, tanto grosso che non entravano più nel grembiule, si ricordò, finalmente, della nonna, e riprese la via verso casa sua. Con sua sorpresa, trovò la porta aperta. Entrò nell'ingresso, e notò un'aria strana in casa, che pensò: 'Oh santo cielo, di cosa ho paura? Di solito mi piace venire qui." E disse a gran voce: "Buon giorno!" ma nessuno rispose. Allora andò in camera da letto e aprì le tende. La nonna era sdraiata con la cuffia sulla faccia e aveva un aspetto molto strano.
"Oh, nonna, ma che orecchie grandi che hai!" - "E' per sentirti meglio, mia cara!"
"Ma nonna, che occhi grandi che hai!" - "E' per vederti meglio, tesoro!"
"Nonna, ma che mani grandi che hai!" - "Ma è per abbracciarti meglio!"
"Ehi, nonna, che bocca grande che hai, pare un forno!" - "Ed è per mangiarti meglio!"
Il lupo non aveva ancora finito la frase che subito saltò fuori dal letto e con un sol boccone inghiottì la povera Cappuccetto Rosso. Appena la sua ingordigia fu soddisfatta, si stravaccò nel letto e s'addormentò, russando fragorosamente. Il caso volle che un cacciatore passasse da quelle parti, e pensò: 'Mmm.. come mai la vecchia signora russa così forte? Sarà meglio dare un'occhiata." Entrò nell'ingresso, e quando fu ai piedi del letto, vide che al suo posto c'era il lupo. "Così ti ho beccato, vecchio delinquente!" disse, "è da un pezzo che ti sto dando la caccia." Stava già per puntargli addosso il fucile, quando gli sovvenne l'idea che il lupo potesse aver divorato la nonna, e che questa forse era ancora viva, così, invece di sparare, prese un paio di forbici e cominciò a tagliare la pancia della bestia. Dopo qualche taglio, vide il copricapo rosso che faceva capolino, e dopo qualche altro colpo di forbici la bambina saltò fuori, piangendo. "Oh, che spavento! Era così buio lì dentro nella pancia del lupo!" E poi venne fuori anche la nonna, quasi priva di sensi ma viva. Poi Cappuccetto Rosso andò a raccogliere certe grosse pietre e riempirono la pancia del lupo con quelle, e così, quando la belva si svegliò e cercò di scappare via, le pietre erano così pesanti che in un attimo crollò a terra morto stecchito.
Fu una gran festa per tutti e tre; il cacciatore poté scuoiare il lupo e si portò via la pelliccia. La nonna mangiò la torta e bevve il vino che le aveva portato la nipotina, e Cappuccetto Rosso pensò: 'Fin che vivrò, non lascerò mai più la strada maestra per avventurarmi da sola nel bosco se mia mamma mi dice di non farlo.'
separatore grafico
Si racconta poi che Cappuccetto Rosso tornò un'altra volta dalla nonna a portarle dell'altro cibo appena sfornato, quando un altro lupo l'avvicinò, cercando di convincerla ad abbandonare il sentiero; ma Cappuccetto Rosso non ci cascò e andò dritta dalla nonna. Le raccontò di aver incontrato il lupo, e che questi le aveva augurato il buon giorno, ma che l'aveva fissata con aria cattiva: "se non fossimo stati nella pubblica via, probabilmente mi avrebbe divorata" disse. La nonna rispose: "vieni, chiudiamo bene a chiave, così non potrà entrare." Poco dopo, ecco che arriva il lupo. Bussa alla porta e grida: "Aprimi, nonna, sono io, Cappuccetto Rosso, sono venuta a portarti qualcosa di buono da mangiare." Ma esse restarono in silenzio, e non aprirono. Capo Grigio gironzolò furtivamente intorno alla casa, e alla fine s'arrampicò sul tetto, intenzionato ad aspettare che Cappuccetto Rosso uscisse per tornare a casa, per poi pedinarla e farsene un boccone nell'oscurità. Ma la nonna afferrò le sue intenzioni, e prese provvedimenti. Appena fuori della porta c'era un grosso mastello di pietra; "Cappuccetto Rosso, prendi un secchio," disse alla bambina, "giusto ieri ho cucinato delle salsicce. Vammi a prendere l'acqua che ho fatto bollire e versiamola nel mastello." Cappuccetto Rosso portò l'acqua e la versò tutta nel mastello fino riempirlo. L'odore delle salsicce s'insinuò nelle narici del lupo, il quale sniffò l'aria e poi diresse lo sguardo di sotto, sporgendosi troppo, finché perse l'equilibrio e scivolò giù. Piombò dritto dritto nel mastello pieno d'acqua ed affogò. Così, Cappuccetto Rosso ritornò felicemente a casa, sana e salva.
Per arrivarci bisogna:
salire le scale,
oltrepassare il corridoio
ed ecco qua la nostra camera.
La nostra camera e di forma rettangolare,
il muro è di colore celeste
con dei fiori fuxia.
E’ arredata con:
un letto per tre,
un comodino con una lucetta,
un tavolo con
due computer ed un libro,
una tv grande come una Lim,
una finestra con una grande terrazza.
una grande cesta con delle Barbie,
delle scatole di lego,
dei puzzle,
dei cappelli e dei trucchi.
Di fianco alla scrivania ci sono due grandi armadi:
uno per i vestiti ed uno come passaggio segreto
che porta in un giardino incantato con una piscina idromassaggio,
una piscina normale,
degli unicorni,
dei fiori,
degli alberi.
Il letto per tre,
quando ci infiliamo sotto le coperte,
dondola e se schiacci un bottone a forma di cuore
si sente una dolcissima musica che ci fa
ADDORMENTARE.


Il vigile urbano
Chi è più forte del vigile urbano?
Ferma i tram con una mano.
Con un dito, calmo e sereno,
tiene indietro un autotreno:

cento motori scalpitanti
li mette a cuccia alzando i guanti.

Sempre in croce in mezzo al baccano:
chi è più paziente del vigile urbano?
Il punto interrogativo
C'era una volta un punto
interrogativo, un grande curiosone
con un solo ricciolone,
che faceva domande
a tutte le persone,
e se la risposta
non era quella giusta
sventolava il suo ricciolo
come una frusta.
Agli esami fu messo
in fondo a un problema
così complicato
che nessuno trovò il risultato.
Il poveretto, che
di cuore non era cattivo,
diventò per il rimorso
un punto esclamativo.

Gli uomini di burro


Giovannino Perdigiorno, gran viaggiatore e famoso esploratore, capitò una volta nel paese degli uomini di burro. A stare al sole si squagliavano, dovevano vivere sempre al fresco, e abitavano in una città dove al posto delle case c'erano tanti frigonferi Giovannino passava per le strade e li vedeva affacciati ai finestrini dei loro frigoriferi, con una borsa di ghiaccio in testa. Sullo sportello di ogni frigorifero c'era un telefono per parlare con l'inquilino.
- Pronto.
- Pronto.
- Chi parla?
- Sono il re degli uomini di burro. Tutta panna di prima qualità. Latte di mucca svizzera. Ha guardato bene il mio frigorifero?
- Perbacco, è d'oro massiccio. Ma non esce mai di li?
- D'inverno, se fa abbastanza freddo, in un'automobile di ghiaccio.
- E se per caso il sole sbuca d'improvviso dalle nuvole mentre la Vostra Maestà fa la sua passeggiatina?
- Non può, non è permesso. Lo farei mettere in prigione dai miei soldati.
- Bum, - disse Giovannino. E se ne andò in un altro paese.
La passeggiata di un distratto


- Mamma, vado a fare una passeggiata.
- Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada.
- Va bene, mamma. Ciao, mamma.
- Sei sempre tanto distratto.
- Si', mamma. Ciao, mamma.
Giovannino esce allegramente e per il primo tratto di strada fa bene attenzione. Ogni tanto si ferma e si tocca.
- Ci sono tutto? Si, - e ride da solo.
E così' contento di stare attento che si mette a saltellare come un passero, ma poi s'incanta a guardaté le vetrine, le macchine, le nuvole, e per forza cominciano i guai.
Un signore, molto gentilmente, lo rimprovera:
- Ma che distratto, sei. Vedi? Hai già perso una mano.
- Uh, è proprio vero. Ma che distratto, sono.
Si mette a cercare la mano e invece trova un barattolo vuoto. Sarà proprio vuoto? Vediamo. E cosa c'era dentro prima che fosse vuoto? Non sarà mica stato sempre vuoto fin dal primo giorno...
Giovanni si dimentica di cercare la mano, poi si dimentica anche del barattolo, perché ha visto un cane zoppo, ed ecco per raggiungere il cane zoppo prima che volti l'angolo perde tutto un bràcao. Ma non se ne accorge nemmeno, e continua a correre.
Una buona donna lo chiama: - Giovanni, Giovanni, il tuo braccio!
Macché, non sente.
Pazienza, - dice la buona donna. - Glielo porterò alla sua mamma.
E va a casa della mamma di Giovanni.
- Signora, ho qui il braccio del suo figliolo.Oh, quel distratto. Io non so piu' cosa fare e cosa dire.Eh, si sa, i bambini sono tutti cosi.
Dopo un po' arriva un'altra brava donna.
- Signora, ho trovato un piede. Non sarà mica del Giovanni?
- Ma si che è suo, lo riconosco dalla scarpa col buco. Oh, che figlio distratto mi è toccato. Non so piu' cosa fare e cosa dire.
- Eh, Si sa, i bambini sono tutti così.
Dopo un altro po' arriva una vecchietta, poi il garzone del fornaio, Poi un tranviere, e perfino una maestra in pensione, e tutti portano qualche pezzetto di Giovanni: una gamba, un orecchio, il naso.
Ma ci può essere un ragazzo piu' distratto del mio?
- Eh, signora, i bambini sono tutti Così
Finalmente arriva Giovanni, saltellando su una gamba Sola, senza piu' orecchie nè braccia, ma allegro come sempre, allegro come un passero, e la sua mamma scuote la testa, lo rimette a posto e gli dà un bacio.

- Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma?
- Sì Giovanni, sei stato proprio bravo.

Per colpa di un accento

Per colpa di un accento
un tale di Santhià
credeva d'essere alla meta
ed era appena a metà.

Per analogo errore
un contadino a Rho
tentava invano di cogliere
le pere da un però.
Non parliamo del dolore
di un signore di Corfù
quando, senza più accento,
il suo cucu non cantò più.


L'acca in fuga, di Gianni Rodari

C'era una volta un'Acca.
Era una povera Acca da poco: valeva un'acca, e lo sapeva. Perciò non montava in superbia, restava al suo posto e sopportava con pazienza le beffe delle sue compagne. Esse le dicevano:
E così, saresti anche tu una lettera dell'alfabeto? Con quella faccia?
Lo sai o non lo sai che nessuno ti pronuncia?
Lo sapeva, lo sapeva. Ma sapeva anche che all'estero ci sono paesi, e lingue, in cui l'acca ci fa la sua figura.
" Voglio andare in Germania, - pensava l'Acca, quand'era- più triste del solito. - Mi hanno detto che lassù le Acca sono importantissime ".
Un giorno la fecero proprio arrabbiare. E lei, senza dire né uno né due, mise le sue poche robe in un fagotto e si mise in viaggio con l'autostop.
Apriti cielo! Quel che successe da un momento all'altro, a causa di quella fuga, non si può nemmeno descrivere.
Le chiese, rimaste senz'acca, crollarono come sotto i bombardamenti. I chioschi, diventati di colpo troppo leggeri, volarono per aria seminando giornali, birre, aranciate e granatine in ghiaccio un po' dappertutto.
In compenso, dal cielo caddero giù i cherubini: levargli l'acca, era stato come levargli le ali.
Le chiavi non aprivano più, e chi era rimast6 fuori casa dovette rassegnarsi a dormire all'aperto.
Le chitarre perdettero tutte le corde e suonavano meno delle casseruole.
Non vi dico il Chianti, senz'acca, che sapore disgustoso. Del resto era impossibile berlo, perché i bicchieri, diventati " biccieri", schiattavano in mille pezzi.
Mio zio stava piantando un chiodo nel muro, quando le Acca sparirono: il " ciodo " si squagliò sotto il martello peggio che se fosse stato di burro.
La mattina dopo, dalle Alpi al Mar Jonio, non un solo gallo riuscf a fare chicchirichi': facevano tutti ciccirici, e pareva che starnutissero. Si temette un'epidemia.
Cominciò una gran caccia all'uomo, anzi, scusate, all'Acca. I posti di frontiera furono avvertiti di raddoppiare la vigilanza. L'Acca fu scoperta nelle vicinanze del Brennero, mentre tentava di entrare clandestinamente in Austria, perché non aveva passaporto. Ma dovettero pregarla in ginocchio: Resti con noi, non ci faccia questo torto! Senza di lei, non riusciremmo a pronunciare bene nemmeno il nome di Dante Alighieri. Guardi, qui c'è una petizione degli abitanti di Chiavari, che le offrono una villa al mare. E questa è una lettera del capo-stazione di Chiusi-Chianciano, che senza di lei
diventerebbe il capo-stazione di Ciusi-Cianciano: sarebbe una degradazione
L’Acca era di buon cuore, ve l’ho già detto. È rimasta, con gran sollievo del verbo chiacchierare e del pronome chicchessia. Ma bisogna trattarla con rispetto, altrimenti ci pianterà in asso un'altra volta.
Per me che sono miope, sarebbe gravissimo: con gli "occiali" senz’acca non ci vedo da qui a lì.
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