martes, 11 de noviembre de 2014

Ferrari S.p.A. è una casa automobilistica italiana, fondata da Enzo Ferrari, che produce autovetture sportive d’alta fascia e da gara. Essa gestisce, tra l’altro, una delle più celebri e titolate squadre sportive impegnate nelle competizioni automobilistiche del mondo: la Scuderia Ferrari. La sede dell’azienda è situata a Maranello, in provincia di Modena ed è guidata, dal 1991, da Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente di Confindustria e del Gruppo Fiat.
Il simbolo ufficiale, storicamente rappresentato da un cavallino rampante, è attribuibile a quello dell’aviatore romagnolo ed asso della prima guerra mondiale Francesco Baracca (1888-1918) ceduto personalmente dalla madre nel 1923 come portafortuna ad Enzo Ferrari e da allora diventato emblema del marchio Ferrari e dello stesso reparto corse.
Nell’anno fiscale 2011 Ferrari S.p.A. ha venduto 7.195 vetture per un fatturato di 2,251 miliardi di euro. Nel 2012 Ferrari ha venduto 7.318 vetture, con un aumento del 4,5% rispetto al 2011. Mercato più attivo si riconferma essere il Nord America con oltre 2000 vetture vendute e una crescita del 14,6% rispetto all’anno precedente.
Secondo la classifica stilata dalla Brand Finance la Ferrari è risultata l’azienda più famosa al mondo seguita da Google, Coca Cola, PricewaterhouseCoopers e Hermès.
Da:  www.wikipedia.org

LIMONCELLO

LIMONCELLO
Le origini
La storia del limoncello è attraversata da molte leggende e diversi aneddoti, e l’invenzione è contesa da sorrentini, amalfitani e capresi: comunque, a registrare per primo il marchio «Limoncello» nel 1988, fu l’imprenditore Massimo Canale, e a Capri, molti sostengono che la sua nascita sia legata alle storia di questa famiglia; pare infatti che questo liquore nacque nei primi del ‘900 da una ricetta della nonna, Maria Antonia Farace.
La preparazione del Limoncello è semplice ma bisogna praticarla con meticolosità, e se bene osservata, in poco più di un paio di mesi questo profumatissimo liquore giallo dall’aroma deciso, potrà essere gustato, il più delle volte come digestivo, ma anche sui dolci o nelle macedonie.

 Ingredienti:

Per la preparazione del caratteristico liquore limoncello, l’ingrediente essenziale è ovviamente il limone, che dovrebbe essere di Sorrento, quindi dalla forma ellittica, dalle dimensioni medio-grosse e dalla buccia ricca di oli essenziali, molto spessa, rugosa e color giallo citrino.

Ingredienti:
10 limoni medio-grossi non trattati
1,200 Kg di zucchero
1 litro e 1/2 di acqua
1 litro di alcol puro a 95°

Le origini del TIRAMISÚ

Le origini del Tiramisù sono molto incerte perché ogni regione vorrebbe aver “inventato” questa prelibatezza: per questo motivo è nata una sorta di contesa tra Toscana, Piemonte e Veneto.
Moltissime sono le leggende legate a questo dolce a cui vennero attribuite addirittura qualità afrodisiache.
La versione ufficiala colloca la nascita del tiramisù nel XVII secolo a Siena quando alcuni pasticceri, in vista dell’arrivo del Granduca di Toscana Cosimo de Medici, decisero di preparare un dolce per celebrare la sua grandezza.
Decisero così che il dolce doveva rispecchiare la personalità del Granduca: doveva quindi essere un dolce importante e gustoso ma allo stesso tempo preparato con ingredienti semplici e, cosa importante, doveva essere estremamente goloso poiché Cosimo amava letteralmente i dolci.
Così fu realizzato il nostro Tiramisù che all’epoca era chiamato “zuppa del duca” proprio in onore di Cosimo de Medici che portò con se la ricetta a Firenze facendola conoscere in tutta Italia.
La leggenda racconta inoltre, che la zuppa del duca divenne il dolce preferito dai nobili che gli attribuivano proprietà afrodisiache ed eccitanti: da qui il nome Tiramisù.
La versione non ufficiale, invece, narra che a inventare il Tiramisù sia stato un pasticcere torinese in onore di Camillo Benso conte di Cavour per sostenerlo nella sua difficile impresa di unificare l’Italia.
Anche il Veneto ha una sua versione in merito: sembra che il tiramisù sia stato inventato nel ristorante “el Toulà” di Treviso situato all’epoca nei pressi di una casa chiusa e servito appunto per “tirare su” .
www.giallozafferano.it
 Ingredienti:
Ingredienti per 8 persone:
400 gr di savoiardi
250 gr di mascarpone
250 gr di panna per dolci
3 tuorli d’ uova
6 cucchiai di zucchero
12 tazzine di caffè
2 tazzine di latte
20 gr di cacao amaro
100 gr di cioccolato fondente

Le lasagne alla Bolognese sono un piatto tipico della gastronomia dell’Emilia Romagna.

Ingredienti
Lasagne 500 g
Parmigiano Reggiano grattugiato 200 gr
Besciamella 1 kg circa
Per il ragù alla bolognese
Carote 1
Pepe una spolverata
Cipolle 1
Olio di oliva extravergine 4 cucchiai
Latte 1 bicchiere
Burro 50 gr
Vino rosso 1 bicchiere
Sale quanto basta
Pancetta (tesa o arrotolata) 100 gr
Carne bovina polpa di manzo tritata 250 gr
Carne di suino tritata (coscia) 250 gr
Brodo di carne 250 ml
Pomodori passata 250 ml (oppure 30 gr di triplo concentrato)
Sedano 1 costa

Preparazione

Iniziate col preparare  il brodo di carne. Preparate ora, un trito a base di cipolla, carote e sedano e fatelo soffriggere in un tegame, insieme all’olio e  al burro. Tritate finemente la pancetta e dopo qualche minuto, aggiungetela nel tegame assieme alla carne trita, quindi fate rosolare il tutto per qualche minuto a fiamma vivace. Aggiungete il vino rosso e fatelo evaporare sempre mantenendo il fuoco a fiamma vivace. A questo punto aggiungete anche la passata (o il concentrato di pomodoro disciolto in poco brodo),  il brodo, il pepe ed un pizzico di sale e lasciate cuocere il tutto a pentola semicoperta per almeno 2 ore mescolando di tanto in tanto ed aggiungendo il brodo rimasto e infine il latte. Mentre il vostro ragù cuoce, preparate la besciamella seguendo la  ricetta, ricordandovi che per le lasagne la besciamella dovrà risultare abbastanza fluida. Una vola pronto il ragù, fate preriscaldare il forno a 160° ed iniziate ad assemblare le vostre lasagne: imburrate una teglia rettangolare, stendete un paio di cucchiai di ragù e foderate il fondo con la pasta, quindi coprite con qualche cucchiaio di besciamella. Coprite poi con abbondante ragù e una spolverata di Parmigiano reggiano. Coprire il tutto con altra pasta e procedete nello stesso modo per realizzare il secondo strato.
Formate più strati a seconda della teglia e fino ad esaurire tutti gli ingredienti. In un pentolino mischiate il ragù con un po’ di besciamella e terminate le vostre lasagne con uno strato sottile e leggero con il composto ottenuto. Per finire, spolverizzate la vostra lasagna con abbondante Parmigiano Reggiano e infornate il tutto in forno statico preriscaldato a 150° per almeno 50-60 minuti, controllando ogni tanto la cottura: le lasagne saranno pronte quando avranno assunto un bel colorito ed una crosticina dorata.  Una volta pronte, togliete dal forno le lasagne e lasciatele raffreddare per 10 minuti, quindi tagliatele nella teglia e servite ancora calde.

jueves, 30 de octubre de 2014

NUEVO FLYER


EN ITALIA NO SE HABLA SOLO ITALIANO

En Italia no se habla solo italiano¿Sabías que en Italia no se habla solo italiano?
Y no me refiero solo a los dialectos En Italia no se habla solo italiano
Por varios motivos en el territorio italiano existen pequeñas comunidades que hablan otros idiomas, aquí tienes una muestra de los mas hablados:
1- Francés: en la Valle D’ Aosta
2- Alemán: en la provincia de Bolzano
3- Sardo: en Cerdeña
4- Ladino: en zonas de Bolzano, Trento y Belluno
5- Occitano: en zonas limítrofes de Piemonte pero tambien en la región de Calabria
6- Albanés: en zonas del sur
7- Esloveno: en zonas limítrofes de Friuli Venezia-Giulia
8- Catalán: en la ciudad de Alghero, en Cerdeña
9- Griego: en zonas meridionales
Ademas de otros idiomas más minoritarios como el francoprovenzal, el croata etc

viernes, 3 de octubre de 2014

Giochi bambini: scioglilingua


Scioglilingua
Alcuni bambini già da piccoli dimostrano di avere un linguaggio sviluppato ed articolato, altri invece vanno aiutati e stimolati: ma lo scioglilingua è uno strumento didattico-ludico che serve anche a noi grandi. Quante risate ci siamo fatti e ci facciamo tutt’ora con la capra che campa o che canta sopra o sotto la panca? Ecco dunque un gioco quasi equo per confrontarci con i nostri figli. La lingua sembra non sciogliersi mai e si continua a sbagliare col divertimento di tutti. Volete provare con qualcosa di tradizionale? Vi ricordiamo i testi aggiungendone qualcuno nuovo.
In mezzo alla piazza 
In mezzo
alla piazza
c’è un pezzo
di pizza.
Nel pozzo
di un pazzo
col pizzo
che puzza!
Il can 
Can che abbaia non morde,
ma morde il can che non abbaia.
Il can che morde non può abbaiare
perché abbaia il can che non può mordere.
Il barbiere 
Barbaro barbuto barbiere
perchè barbaramente sbarbasti la barba
al mio barbaro barbuto barba?
I trentini 
Trentatre trentini entrarono
in Trento,
tutti e trentatre trotterellando…
Le tigri
Tre tigri contro tre tigri,
Tre tigri contro tre tigri,
Tre tigri contro tre tigri…
La serva che non serve
Se la serva non ti serve,
a che serve che ti serva
di una serva che non serve?
Serviti di una serva che serve,
e se questa non ti serve,
serviti dei miei servi…
Al pozzo
Al pozzo dei pazzi
c’era una pazza
che lavava le pezze.
Andò un pazzo
e buttò la pazza
con tutte le pezze
nel pozzo dei pazzi…
L’arcivescovo
Se l’arcivescovo di Costantinopoli
si disarcivescostantinopolizzasse
vi disarcivescostantinopolizzereste pure voi?
La capra
Sopra la panca
la capra campa
sotto la panca
la capra crepa.
Apelle ed Apollo
Apelle figlio d’Apollo
fece una palla di pelle di pollo.
Tutti i pesci vennero a galla
per vedere la palla di pelle di pollo
fatta da Apelle
figlio di Apollo.

miércoles, 17 de septiembre de 2014

TENES TODAS LAS OPCIONES PARA ELEGIR:

Clases particulares 
Clases grupales
Clases a domicilio
Aranceles accesibles
Promociones para grupos de estudiantes (también UNLP)
Cumplimento de horarios y días
Compromiso y dedicación
Calidad

Que estas esperando para empezar ?!?


viernes, 29 de agosto de 2014

*LA parola* suona diverso da *UNA parola*. 

Con un articolo riusciamo a trasformare il sostantivo in qualcosa di preciso e unico.
Ogni arte ha i suoi segreti, ogni mestiere i suoi strumenti: il falegname il martello e la sega, l'idraulico la chiave inglese, il pittore la tavolozza e i pennelli. Al tempo di Shakespeare, gli attori portavano con sé grandi borse con oggetti, trucco e vestiti, così da entrare e uscire continuamente dalle diverse parti.
Da artigiano, il mio motto è sempre stato: "Dammi un attrezzo e romperò qualcosa."
Ma da scrittore sono sempre alla ricerca di strumenti che mi aiutino a creare la magia di un buon testo, che sia un articolo di attualità, un reportage per un magazine, un saggio, o un racconto.

Chip Scanlan, docente di scrittura al Poynter Institute
"La punteggiatura è proprio ciò che porta la musica del parlato nel testo scritto: la sospensione leggera della virgola, quella più forte e decisa del punto, la sospensione dei tre puntini". 
Emilio Tadini

lunes, 11 de agosto de 2014

Mangiare cioccolato fa bene: 5 motivi per cui bisognerebbe farlo

Mangiare cioccolato è un vero e proprio toccasana per la salute. Tutto questo è dovuto alle sostanze di cui il cacao è ricco, flavonoidi ed antiossidanti, i quali sono in grado di svolgere un ruolo di primo piano nel contribuire al nostro stato di benessere generale. in particolare l’azione antiossidante nei confronti del nostro organismo è messa in atto dai polifenoli, che abbondano nel cioccolato in quantità superiore rispetto a quanti ne sono contenuti nella cioccolata calda e nella frutta. Da tenere in considerazione anche le proprietà nutrizionali del cioccolato, che non sono indifferenti.
Il cioccolato aiuta a combattere l’ipertensione
mangiare cioccolato ipertensione
Il cioccolato può essere un buon rimedio per tenere sotto controllo la pressione arteriosa. Nello specifico il cacao risulterebbe piuttosto efficace per combattere l’ipertensione. A dimostrarlo sono state diverse ricerche scientifiche. Una delle più recenti è quella portata avanti dagli esperti della Norwich Medical School. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sull’American Journal of Clinical Nutrition. Sono stati coinvolti circa 1.300 individui, la cui funzionalità dei vasi sanguigni è migliorata proprio in seguito al consumo di cioccolato. Sono i flavonoidi a determinare questo effetto, visto che hanno la capacità di favorire l’apertura dei vasi sanguigni, apportando quindi miglioramenti alla circolazione e facendo abbassare i valori della pressione. In particolare il cioccolato fondente è un alleato contro l’infarto.
Il cioccolato agisce contro lo stress
Il cioccolato ha anche la capacità di agire contro lo stress. Questa proprietà è dovuta al magnesio, di cui il cioccolato stesso è ricco. Il magnesio aiuta a combattere l’irritabilità e il nervosismo. Il cioccolato fondente contiene più magnesio rispetto a quello al latte. Molto importante è comunque anche la funzione di teobromina e caffeina, contenute nel cacao, e che sono capaci di alleviare la sensazione di stanchezza, di favorire il livello di attenzione e di concentrazione del cervello, oltre che la prontezza di riflessi. Bastano 40 grammi di cioccolato al giorno contro lo stress.
Il cioccolato è un antidepressivo naturale
mangiare cioccolato antidepressivo
Il cioccolato è valido anche contro la depressione. È tutto merito della feniletilamina, un ormone naturale psicoattivo. Il cioccolato è capace di stimolare la produzione di serotonina, di endorfinee di anandamide, veri e propri antistress naturali, che condizionano le nostre emozioni, i nostri stati d’animo e in definitiva il nostro umore. In particolare l’anandamide stimola la percezione sensoriale e determina euforia. Inoltre i flavonoidi favoriscono il flusso sanguigno cerebrale, agendo contro gli stati depressivi. Possiamo dire che la depressione può essere contrastata con la cioccolato-terapia.
Il cioccolato abbassa il colesterolo
Il consumo di cioccolato è in grado di far aumentare i livelli di colesterolo buono e di abbassare il colesterolo cattivo. Tutto merito dell’acido stearico, il quale, trasformandosi in acido grasso monoinsaturo, permette di far aumentare nel sangue il colesterolo buono.
Il cioccolato è un afrodisiaco naturale
Il cioccolato è in grado di migliorare la libido e di agire come un vero e proprio afrodisiaco naturale, facendo aumentare il desiderio sia negli uomini che nelle donne. Questo effetto è determinato da alcune sostanze eccitanti, come la teobromina e la feniletilamina.

lunes, 4 de agosto de 2014

Nessuno è indispensabile di Beppe Fiore

Michele Gervasini è il tuo vicino di scrivania. Goffo e incolore, sempre a un passo dall’agognato scatto di carriera, dimostra a ogni respiro una solenne verità: l’uomo è quell’animale che, grazie al lavoro, sceglie liberamente di rendersi schiavo per tutta la vita. Ma il giorno in cui i colleghi cominciano a suicidarsi a raffica, il percorso esistenziale casa-ufficio registra un sinistro scricchiolio. E sotto gli occhi stolidi della mucca aziendale in vetroresina salta in aria l’organigramma del mondo. Un romanzo abrasivo, comico e letterario, in cui ridendo degli altri è impossibile non riconoscersi. Impiegato modello in un’azienda modello – italiano medio tragicamente modello –, Michele Gervasini fa coincidere la sua idea di felicità con gli angoli acuti del contratto a tempo indeterminato. E poco importa se ogni mattina deve affrontare il traffico isterico della via Pontina per raggiungere il suo ufficio alla Montefoschi, azienda leader nella produzione di latte e derivati. Lì lo aspettano gli altri dipendenti dell’Ufficio pianificazione e controllo, una pattuglia di buffi 

animali da scrivania che vive – non solo simbolicamente – all’ombra dell’enorme, minacciosa mucca aziendale in vetroresina che campeggia davanti agli stabilimenti. Ma un giovedì mattina la più mite fra le colleghe si dà fuoco nello sgabuzzino delle scope, e all’improvviso bisogna rivedere i confini di quelle giornate che fino ad allora avevano funzionato con l’efficienza di un formicaio. Con lo spirito dissacrante di una commedia tragicomica, Nessuno è indispensabile compie un piccolo miracolo: sovverte la tradizione del romanzo industriale seguendo il ritmo e la grammatica della contemporaneità, per descrivere in maniera umanissima e feroce i rituali, le mitologie, il misticismo laico che stanno alla base della vita aziendale. Peppe Fiore racconta la deriva impazzita del mondo in cui viviamo, la nevrosi da scrivania, i tic e le frustrazioni di ogni giorno, mettendo in scena con un’irresistibile dose di cinismo personaggi che non hanno a disposizione un’altra vita, né il desiderio di immaginarsela. Se è vero che in ufficio contano solo gli obiettivi raggiunti, quando un tuo collega lascia vestiti e scarpe a filo della balaustra – allineati con la massima precisione – prima di gettarsi nel vuoto in mutande e canottiera, forse la strategia va ripensata. E non solo quella aziendale. 

MODI DI DIRE A

A
abbaiare alla luna Far cosa inutile, senza ragione e senza effetto: come appunto i cani che, nelle notti di plenilunio, latrano alla luna, quasi in una assurda sfida.
avere la luna Essere di malumore, irragionevolmente irritabili e pronti al litigio. Per l’antica credenza astrologica che la luna determinasse, con le sue fasi, lo stato psichico delle persone poste sotto il suo influsso. Da qui: alzarsi, essere con la luna di traverso; andare a lune; essere lunatici.
avere il ginocchio della lavandaia Avere proprio tutte le magagne, essere un autentico cerotto. La fortuna della locuzione si deve all’umorista inglese Jerome K. Jerome (1859-1927), autore del romanzo Tre uomini in barca, in cui un personaggio ha sofferto di tutte le malattie, tranne il ginocchio della lavandaia. Malattia che, se pur rara, esiste veramente, ed è una forma di borsite, un’infiammazione del cuscinetto che protegge la rotula.
avere la pazienza di Giobbe Essere molto pazienti, sopportare con rassegnazione molestie, ingiustizie e tribolazioni. Giobbe, principale personaggio dell’omonimo libro della Bibbia, è la personificazione del giusto che soffre mentre i malvagi prosperano, e che tutto sopporta inchinandosi al volere di Dio. 
andare in visibilio Andare in estasi per la gran gioia, o anche (ma più raramente) essere molto meravigliati. Per storpiata interpretazione popolare di visibilium omnium et invisibilium,“di tutte le cose visibili e invisibili”, parole del Credo in latino.
avere (o mettere addosso) una fifa blu Provare e, rispettivamente, incutere una bella paura, tale (in teoria) che il volto diventa così pallido da assumere una sfumatura bluastra, come in chi sia stato esposto a un freddo assai intenso. Fifa, che significa paura, vigliaccheria, viene dal gergo militare ed è parola di origine settentrionale, imprecisata.
Avere fegato Essere coraggioso, e di chi arriva fino alla temerarietà si dice che è sfegatato. L’origine: presso gli antichi, per esempio Etruschi e Greci, il fegato era considerato sede di ogni sentimento e qualità interiore. Dal suo esame indovini etruschi specializzati traevano previsioni, e tale arte era detta “aruspicina”. Più tardi il compito di ospitare sentimenti ed emozioni fu assegnato al cuore, che tuttora, per tradizione, lo svolge, incurante dei progresso scientifico.
avere il tatto di un elefante Non conoscere le buone maniere, essere privo di sensibilità come, a causa del suo spessore, sarebbe la pelle del pachiderma.
avere uno scheletro nell’armadio Efficace immagine, tradotta dall’inglese, usata con riferimento a trascorsi colpevoli che gli appartenenti a un gruppo tengono gelosamente nascosti.
avere la memoria dell’ elefante Ricordarsi a lungo di un torto subito, traendone vendetta a grande distanza di tempo.
andare a patrasso Scherzosamente: morire, mentre il meno comune inondare a patrasso significa uccidere. Ma si dice anche di un’impresa risoltasi in un fallimento. Il nome della città greca c’entra solo per caso — come l’asso nell’espressione piantare in asso — si tratta infatti di una corruzione della frase biblica ire ad patres, “andare ai padri, morire”.
avere la coda di paglia Essere sempre sul chi vive, allarmarsi alla minima allusione sfavorevole, discolparsi senza neppure essere accusati, non avendo la coscienza tranquilla. come chi avesse un’immaginaria coda di paglia e quindi un sacrosanto timore dei fiammiferi.
a caval donato non si guarda in bocca Proverbio che ha corrispondenti quasi identici, anche nella formulazione, in molte lingue. Deriva dal fatto che di un cavallo si può conoscere l’età scoprendogli i denti. Insegna che un dono va accettato così com’è, proprio perché è un dono, e che è indice di poca saggezza, oltre che di poca educazione, soppesarne il valore venale o, ancor peggio, disprezzarlo.
Alla  carlona
Frettolosamente, senza attenzione, con trascuratezza. La locuzione, che ha mutato valore nel tempo, significava “in modo semplice, bonario”; come agiva, nei tardi poemi cavallereschi, Carlomagno, detto “re Carlone”.
alle calende greche Frase tradotta dal latino: ad kalendas graecas, tolta dalla Vita di Augusto (87, 1) di Svetonio. Rimandare una cosa alle calende greche: rimandarla a data che non verrà mai, cioè non farla. E questo perché i Greci, a differenza dei Romani, non avevano nel loro calendario le calende, nome con cui si indicava il primo giorno del mese, in cui i creditori usavano sollecitare il pagamento dei debiti.
asino di Buridano Fare come l’asino di Buridano: esitare tra due cose, tra due soluzioni di un problema, senza decidersi né per l’una né per l’altra, perché entrambe ugualmente accettabili. Come avrebbe fatto, se avesse seguito le teorie del suo padrone, il leggendario asino del filosofo francese Jean Buridan (circa 1300-1 358), rettore dell’Università di Parigi. Questi sosteneva che la scelta della volontà cade sempre sul bene, sul valore migliore, e che quindi la volontà stessa sarebbe paralizzata e sospenderebbe la scelta, di fronte a due beni ugualmente importanti. Essa avrebbe quindi anche la libertà di non scegliere. Ed ecco i detrattori del filosofo inventare il paradosso dell’asino ugualmente affamato e assetato che, posto a uguale distanza da un secchio d’acqua e uno di avena, non sceglie, e quindi muore di fame e di sete. a braccio Si dice di azione improvvisata li per li, eseguita senza preparazione: fare un discorso, tenere una lezione, predicare a braccio. Quest’ultima espressione si trova, per esempio, nei Promessi sposi. Ma più propriamente si riferisce al recitare, come avveniva nella Commedia dell’arte, quando gli attori improvvisavano.
attaccare bottone Tediare qualcuno con un discorso lungo e noioso, privo di interesse per lui. Non è nota l’origine della locuzione; sembra che un tempo volesse dire parlar male di uno. L’immagine suggerita potrebbe anche essere quella del seccatore che, quasi afferrando fisicamente per la giacca il riluttante interlocutore, non lo molla finché non abbia finito di ricucirgli un immaginario bottone.
andare in oca Nel linguaggio familiare: essere distratto, dimenticarsi di qualcosa. Come si sa, con l’eccezione delle celebri oche del Campidoglio che con il loro schiamazzo salvarono la rocca capitolina da un improvviso attacco dei Galli (390 a.C.), questo palmipede non è ritenuto il Leonardo da Vinci del regno animale, e a esso si paragona la persona (in particolare la donna) sciocca, facile alla distrazione, pronta alla risatina insulsa: un’oca, la bella oca, l’oca giuliva, eccetera.
Aprire gli occhi Ricredersi o far ricredere qualcuno rendendolo edotto di una realtà che ignorava, spesso allo scopo di metterlo in guardia da un pericolo. a bizzeffe In grande quantità. Secondo alcuni, la spiegazione deriverebbe dall’uso degli alti magistrati romani di far apporre, anziché una sola volta, due volte la parola Fiat, “sia fatto”, a una supplica accolta senza riserve, con particolare favore. Il doppio Fiat era abbreviato in “FF”: bis effe. Ma l’origine più probabile starebbe nel termine arabo bizzaf, “molto”.
avere il bernoccolo Avere una particolare predisposizione a fare qualcosa, ad apprendere una scienza o un’arteL’origine della locuzione sta nelle teorie del medico tedesco F.J. Gall (1758-1828), secondo le quali l’esame della conformazione del cranio rivelerebbe lo stato neuropsichico e le tendenze di una persona. Nella patologia criminale, teorie analoghe furono quelle elaborate da Cesare Lonibroso.
Ai tempi che Berta filava Al tempo dei tempi, chissà quando nel passato. Chi fosse questa Berta (nome molto comune nel Medioevo) e quale l’origine del detto, nessuno lo sa. C’è chi risale a “Berta dai grandi piedi”, supposta madre di Carlomagno. Comunque si dice spesso: Non sono più i tempi che Berta filava, come nostalgico richiamo al passato, o come invito ad aggiornarsi, a togliersi dalla mente illusioni retrograde.
a babsurdo Latino: per assurdo. Si dice di un’argomentazione volta a dimostrare la verità attraverso gli assurdi che si dovrebbero ammettere accettando il suo contrario. Oggi si usa soprattutto per le dimostrazioni matematiche.
ab aeterno (pron. “ab etèrno”) Latino: dall’eternità. Nell’uso comune, la locuzione è usata col significato “da tempi remotissimi”. Deriva dalla teologia, dove più propriamente si adopera con riferimento alla generazione eterna del Verbo. a b imo pèctore Latino: dal profondo del petto, del cuore. Locuzione usata talvolta nel linguaggio comune, per indicare l’assoluta sincerità e spontaneità di un’affermazione.
A babbo morto Si dice di prestiti (ma anche di acquisti, eccetera), che chi ha la prospettiva di entrare in possesso di un’eredità contrae con qualcuno, generalmente un usuraio, promettendo di restituire la somma avuta o di pagare la cosa acquistata quando avrà ereditato. La locuzione significa “a data indefinita” e anche, a causa degli esosi interessi pretesi dall’usuraio, “sconsideratamente, in modo avventato”. Nel primo caso, dal punto di vista di chi fa il prestito; nel secondo, da quello dell’incauto che lo contrae. acca È lo stesso che “niente”, nelle espressioni non capire, non sapere un’acca. Ciò dipende dal fatto che la lettera non ha un suono proprio e autonomo nella lingua italiana.
Achille sotto la tenda Secondo quanto narra l’Iliade, Achille, sdegnato contro Agamennone, si ritirò dalla guerra rimanendo a lungo appartato nella propria tenda e abbandonando l’esercito del re acheo alla disfatta. Fare l’Achille sotto la tenda si usa per lo più in senso ironico, con l’implicazione che lo sdegnoso appartarsi dell’Achille in questione è presuntuoso e a sproposito, e che non otterrà l’effetto di danneggiare l’Agamennone della situazione.
all’ acqua di rose L’acqua di rose è una delicata soluzione di essenza di rose, usata come detergente o emolliente per la pelle. Da qui la locuzione citata, che si usa a proposito di cose fatte con superficialità, di rimedi inadeguati, semplici palliativi.
acqua in bocca! Esortazione a mantenere il segreto, a non lasciarsi sfuggire una parola di quanto si è detto in stretta confidenza. All’origine del detto sarebbe un aneddoto raccontato dal lessicògrafo fiorentino Pietro Giacchi: secondo tale aneddoto, una donnetta maldicente ma devota pregò il suo confessore di darle un rimedio contro quel peccato. Un giorno il prete le diede una boccetta d’acqua di pozzo, raccomandandole di tenerla sempre con sé e di versarne qualche goccia in bocca, tenendo questa ben chiusa, ogni volta che fosse assalita dalla tentazione di sparlare del prossimo. Così fece la donna, e ne trasse tanto giovamento da ritenere che quell’acqua avesse virtù miracolose. Se non è vera — come si usa dire — è ben trovata. acqua passata non macina più Si dice di cose e avvenimenti che non hanno più effetto né valore: come l’acqua che, essendo ormai passata oltre la ruota del mulino, non può più muoverla per macinare il grano.
avere (sentirsi, far venire) l’ acquolina in bocca Sono tutte espressioni che, letteralmente, si riferiscono alla saliva che si produce in bocca alla vista o al solo pensiero di una pietanza appetitosa. Per estensione, alludono in generale a cosa vivamente desiderata, appetibile.
ad audièndum Verbum Latino: per ascoltare la Parola, il Verbo. Locuzione usata ironicamente, con riferimento a un subalterno convocato dal superiore per ricevere ordini, o istruzioni, o anche lavate di capo.
ad augusta per angusta Latino: alle cose eccelse per vie strette. La locuzione significa che non si possono raggiungere alti traguardi senza sottostare a duri sacrifici. È la parola d’ordine dei congiurati nel dramma Emani (atto IV) di Victor Hugo.
adelante, Pedro, con juicio (pron. “…huìzio”) Spagnolo: avanti, Pietro, con giudizio. Frase messa dal Manzoni (Promessi sposi, cap. XlI) in bocca al cancelliere Ferrer, che la rivolge al suo cocchiere, mentre la carrozza passa attraverso una folla di dimostranti, diretta al palazzo del Vicario di provvisione assediato e minacciato di morte. Si usa per raccomandare attenzione e massima prudenza nell’operare
ad hoc (pron. “ad òk”) Latino: per ciò, per questo effetto. Locuzione usata per indicare che una persona, una frase, una spiegazione sono proprio quelle più adatte alla circostanza, o allo scopo che ci si prefigge. Perciò si dice: una cosa ad hocla persona ad hoc, ossia scelta espressamente, tagliata su misura per la funzione assegnatale.
ad honorem (pron. “ad onòrem”) Latino: ad onore. Locuzione usata a proposito di incarico o qualifica conferiti a titolo onorifico, e senza i relativi emolumenti: una presidenza onoraria, per esempio, affidata per dare lustro a un sodalizio o anche a una società commerciale, mentre il potere effettivo è in altre mani. Si dice anche di laurea conferita senza necessità di esami, discussioni di tesi, eccetera, per i meriti eccezionali conseguiti da una persona nel campo di studi attinenti alla laurea stessa.
ad impossibilia nemo tenetur Latino: nessuno è tenuto a fare ciò che è impossibile. Ovvio aforisma giuridico, ma anche uno dei cardini del diritto delle obbligazioni: Uno dei requisiti essenziali di un contratto è la possibilità del suo oggetto.
ad lìbitum Latino: a piacere, a volontà. Riferito a cosa, azione la cui quantità o durata è lasciata alla volontà della persona interessata. La formula, spesso abbreviata in ad lib., si legge ancora talvolta nelle ricette
mediche. E usata nella liturgia, ma soprattutto come didascalia musicale per indicare che l’esecuzione di un passo, la ripetizione di un ritornello, eccetera, sono affidate alla libera interpretazione dell’artista.
ad maiòra! Latino: a cose più grandi! Formula di augurio: la si rivolge, generalmente, a chi ha conseguito un successo, per auspicare che ne consegua presto di maggiori.
ad maiòrem Dei gloriam Latino: a maggior gloria di Dio. Spesso abbreviato in A.M.D.G., è il motto della Compagnia di Gesù, fondata da sant’Ignazio da Loyola nel 1534.
ad multos annos Latino: per molti anni. Formula pronunciata dal vescovo consacrato e rivolta al consacrante. Nell’uso comune, è un augurio generico che equivale a: cento di questi giorni; o al napoletano: possa campa’ cient’anni.
ad patres Latino: agli antenati. Ire ad patres significa “andare a rivedere gli antenati”, ossia morire. Donde, per corruzione, l’italiano andare a patrasso .
ad usum delphini (pron. “...delfìni”) Latino: a uso del Delfino. Il Delfino era l’erede al trono di Francia, e questo motto venne stampato sul frontespizio di una serie di classici latini purgati dei passi più scabrosi, iniziata a cura di Bossuet e Huet per ordine del duca di Montausier, nominato dal Re Sole, Luigi XIV, precettore del Gran Delfino. La frase viene usata in senso spregiativo, riferendola a cosa, a verità manipolata e adattata al solo scopo di compiacere una data persona o parte, e in genere a notizia “addomesticata”, che cela parte della verità, travisandola. a fortiori (pron. “a forziòri”) Latino: sottinteso ratione, “a maggior ragione”. Si dice di argomento logico, che deve essere accettato come valido per il fatto che un altro argomento, precedente, lo è stato.
ago della bilancia Espressione usata in senso figurato per indicare persona, fazione, partito (soprattutto se di scarso peso in senso assoluto), il cui atteggiamento può, data una situazione, determinare l’evolversi di questa in un senso piuttosto che in un altro.
aiutati che il ciel (o Dio) t’aiuta Detto proverbiale, che ha corrispondenze quasi letterali in molte lingue. Il significato, intuitivo, è che il primo e principale aiuto viene da noi stessi. à la belle étoile (pron. “a la bèl etuàl”) Francese: alla bella stella, cioè all’aperto, allo scoperto. Dormire à la belle étoile significa dormire all’addiaccio, in genere per non esser riusciti a trovare un letto. Ha un corrispondente italiano nella locuzione dormire all’albergo della luna (o delle stelle). à la fortune du pot (pron. “a la fortùn du pò”) Francese: alla fortuna della pentola. Mangiare
à la fortune du pot equivale all’italiano: mangiare quello che c’è, quello che passa il convento. à la guerre comme à la guerre (pron. “a la ghèr kòm a la ghèr”) Francese: in guerra come in guerra. Significa che bisogna adattarsi alle circostanze, visto che non si può fare altrimenti. a làtere Latino: a fianco. Legato pontificio, in genere un cardinale, che agisce quale alter ego del Papa in missioni particolari o in cerimonie di grande solennità. Più comunemente si legge oggi del giudice
a làtere, che è un magistrato di carriera il quale, a fianco del presidente, forma il tribunale. L’espressione si applica anche a per-sona che è in grande confidenza con un’altra e che si vede sempre in sua compagnia.
àlea iacta est Latino: il dado è stato gettato. O, come si dice proverbialmente, il dato è tratto, a indicare che è stata compiuta una scelta, presa una decisione irrevocabile, quali che possano esserne le conseguenze. La famosa frase fu pronunciata da Cesare, secondo quanto narra lo storico Svetonio (Vita di Cesare, 52), allorché passò con il suo esercito il Rubicone, in Romagna, per marciare su Roma contro Pompeo, nel gennaio del 49 a.C. Tale atto ne faceva automaticamente un nemico della Repubblica, poiché una legge imponeva ai generali che entravano in Italia dal Settentrione di congedare le truppe prima di passare questo fiume.
abbassare le ali Lo stesso che abbassare la cresta , cioè smettere la superbia e assumere un atteggiamento più modesto e remissivo.
àlias Latino: altrimenti. Avverbio che appare per lo più nella cronaca giornalistica per indicare il nome falso assunto da un furfante o il nomignolo con cui è noto.
àlibi Latino: altrove. Nel diritto, mezzo di difesa dell’imputato consistente nel dimostrare che, al momento in cui fu commesso il reato, egli non si trovava nel luogo dello stesso, ma altrove. Nel linguaggio comune, per esempio nella frase: cercare un alibi morale, significa scusa o pretesto per sfuggire alle proprie responsabilità.
all right (pron. “òl ràit”) Inglese: tutto bene, tutto per il giusto verso. Ma è stato quasi completamente scalzato dall’americano O.K.
alter ego Latino: un altro me stesso. Si dice di persona che rappresenta in tutto e per tutto un’altra, che ha la piena fiducia di questa. alla macchia La macchia, boscaglia caratteristica dei Paesi mediterranei, era (ed è) il nascondiglio ideale per chi aveva conti in sospeso con la giustizia. Perciò le locuzioni:
darsi alla macchia, cioè al brigantaggio, rendersi latitante (durante la Seconda guerra mondiale significò anche unirsi ai partigiani, o semplicemente isolarsi in luogo sicuro); libro, manifesto stampato alla macchia, ossia clandestinamente, senza le prescritte indicazioni dell’editore e dello stampatore.
amico del giaguaro Nata da una barzelletta ed entrata nel parlare comune grazie a un fortunato spettacolo di varietà televisivo, l’espressione si usa scherzosamente per mettere in dubbio la lealtà di un amico che, secondo noi, solleva troppe obiezioni.
amico Fritz Si dice a volte, con evidente ironia circa la genuinità della sua amicizia, alludendo a persona nota agli interlocutori, ma che questi non vogliono nominare esplicitamente.L’amico Fritz è un’opera lirica di Pietro Mascagni.
amleto, amletico Amleto è il protagonista dell’omonima tragedia di William Shakespeare, la tragedia del pensiero, del dubbio che paralizza l’azione e mina la volontà. Perciò si parla didubbio amletico e di essere un amleto, cioè persona chiusa nella meditazione e travagliata dal dubbio, incapace di giungere a una decisione. ammucchiata Dall’accezione di riunione di più coppie a fini erotici, in genere con scambio dei partner fra le coppie stesse, è derivata quella ammucchiata politica per cui partiti eterogenei e spesso ideologicamente contrapposti formano palesi o tacite alleanze, pur dì spartirsi il potere. È dunque un termine spregiativo; ma i pubblicitari gli hanno già cambiato i connotati: Un’ammucchiata di successi in questo nuovo LP. È presumibile che si siano rifatti al significato erotico.
amor, ch’a nullo amato amar perdona Dante (Inf., V, 103). Nel racconto di Francesca da Rimini, significa — secondo le teorie sull’amore svolte da Guido Guinizelli e accettate da Dante — che Amore non consente a chi è amato di non riamare. Cosa non sempre vera, ma ognuno ha il diritto di credere nelle proprie illusioni.
amor di fratello, amor di coltello Vuol dire che spesso le più aspre inimicizie si manifestano tra fratelli. L’evangelico “amatevi come fratelli” resta una lodevole esortazione, frequentemente contraddetta da una realtà che il proverbio, disincantato e cinico come molti proverbi, si limita a costatare. ancien régime (pron. “ansièn rezim”) Francese: vecchio regime. Espressione con cui si designò, dopo la Rivoluzione Francese, il deposto regime monarchico e assolutista dei Borboni: da parte dei rivoluzionari con disprezzo, dai reazionari con nostalgia. Cosi, pur in mutate circostanze storiche, suona ancor oggi, e ha conservato il duplice valore che aveva in origine, secondo l’opinione di chi la usa, e anche senza allusioni politiche.
Annibale alle porte Traduzione dal latino: Hannibal ad portas. Proverbiale, per avvertire dell’imminenza di un pericolo. Nacque tra i Romani, dopo la scon-fitta di Canne, quando si temeva che da un momento all’altro Annibale potesse comparire con il suo esercito alle porte di Roma. Cicerone la riporta nella prima delle sue celebri Filippiche, le orazioni contro M. Antonio (44 a.C.), pari in veemenza a quelle di Demostene contro Filippo il Macedone (IV sec. a.C.).
ante lìtteram Latino: avanti lettera. Si dice di persona, o di fenomeno culturale, politico, eccetera, che ha precorso i tempi in cui si è storicamente manifestato. “Lettera” era chiamata l’iscrizione apposta alle incisioni d’arte, quale didascalia; le prove delle incisioni tirate senza la “lettera”, prima della stampa vera e propria, erano dette ante litteram e, proprio per questo motivo, avevano grande pregio. apertis verbis Latino: con parole franche. Schiettamente, senza peli sulla lingua, chiaro e tondo.
avere molto aplomb (pron. “aplòn”) Dal francese aplomb; letteralmente: a piombo, perpendicolare. Significa possedere un’assoluta, e a volte sfrontata, sicurezza di sé. In un certo senso, una bella faccia tosta.
a posteriori Latino: da ciò che è posteriore. Quel tipo di ragionamento per cui si deduce la causa dall’effetto: vedendo un orologio, deduciamo che debba esserci, o esserci stato, un fabbricante di orologi. Spesso la locuzione è usata nel senso puro e semplice di “dopo, a cose fatte”. a priori Latino: da ciò che precede. Termine filosofico che nel linguaggio comune è impiegato per descrivere, riprovandolo, l’atteggiamento di chi emette giudizi basati su sue convinzioni preconcette e non alla luce dell’esperienza obiettiva.
araba fenice Si dice di cosa o persona unica, senza uguali, oppure immaginaria, inesistente. Trovare un idraulico, oggi, è come trovar l’araba fenice, della quale il Metastasio scriveva:che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. La fenice — la cui prima menzione si trova in Erodoto (Storie, II, 73) — era un uccello favoloso del quale esi-steva un solo esemplare che si riproduceva se-condo una strana forma di partenogenesi, cioè rinascendo dalle proprie ceneri. A causa di questa leggenda, la fenice fu assunta a simbolo di unicità, di immortalità e di resurrezione. a ria fritta Ormai ha stancato, questo modo di dire riferito a parole prive di contenuto, gonfie solo dell’aria emessa per pronunciarle. In genere commenta i discorsi fumosi, le promesse illusorie, campate in aria. Fritta, appunto.
armiamoci e partite! Questa battuta fu messa in voga da Lorenzo Stecchetti (pseudonimo di Olindo Guerrini) nel 1895, al tempo della prima impresa abissina, che doveva concludersi male per l’Italia l’anno dopo: ne fecero largo uso, allora e dopo, gli antimilitaristi, e la si ripete ancora oggi per ironizzare su chi sprona gli altri a rischiare, ad affrontare disagi e pericoli, badando bene, però, a non farlo egli stesso.
asinus asinum fricat Latino: l’asino si strofina all’asino. La frase cade a proposito osservando due sciocchi e vanesi che, incontrandosi, si scambiano lodi sperticate, e immeritate.
aspetta e spera... È nell’uso familiare e ha lo stesso significato e valore di campa cavallo... , come dire: “Ti illudi, caro mio!” Proviene da Faccetta nera, marcetta che accompagnò la campagna di Etiopia (1935-1936) e la conquista del nostro effimero impero coloniale.
assalto alla diligenza Nel linguaggio parlamentare italiano la frase si diffuse al principio del 1915, quando l’on. Salandra definì in tal modo le manovre dell’opposizione per far cadere il governo. La si usa tuttora per qualificare gli intrighi orditi da persone o gruppi di persone per scalzare dal loro posto altre persone o gruppi; e soprattutto quando scopo ultimo degli intrighi è l’arrembaggio al “carrozzone”, cioè agli incarichi lautamente retribuiti.
avere un asso nella manica Nei giochi di carte, l’asso nascosto nella manica ce l’hanno i bari. Ma in senso figurato l’espressione non implica necessariamente un giudizio morale negativo. Significa aver delle risorse, delle proposte, degli argomenti tenuti in serbo e che, fatti valere al momento più opportuno, assicureranno il successo, la vittoria.
audaces fortuna iuvat Latino: la fortuna aiuta gli audaci. Variante più comunemente usata dall’emistichio (mezzo verso) audentes fortuna iuvat, che si trova in Virgilio (Eneide, X, 284) e che si completa con le parole timidosque repellit, “e respinge i vigliacchi”. Si cita per spronare i pavidi all’azione, allo stesso modo del proverbio: Chi non risica non rosica.audience (pron. “òdioens”) Inglese dell’ ”aziendese”; c’è qualche zelante (a sproposito) che l’ha tradotto con “udienza”, apparentandolo ai tribunali. Il termine indica quel gruppo di persone (lettori di giornali, spettatori televisivi e cinematografici, ascoltatori della radio, eccetera) che è raggiunto da un messaggio pubblicitario in un certo periodo di tempo. Questaaudience è in stretto legame di parentela con il target, cioè il bersaglio del messaggio pubblicitario e insieme l’obiettivo di vendite da raggiungere.
aurea mediòcritas Latino: aurea mediocrità. La elogia Orazio (Odi, Il, 10, 5-6), la scherniscono gli ambiziosi. È quello stato di modesta felicità che raggiunge chi sa accontentarsi, tenendosi lontano da posizioni estreme e senza affannarsi per emergere a tutti i costi.
aut aut Latino: o…o. Locuzione usata quando si ingiunge a qualcuno di compiere una scelta definitiva, e in genere troppo a lungo procrastinata.
aut Caesar aut nihil Latino: o Cesare o nulla. Motto di Cesare Borgia, il celebre Valentino, derivato da una famosa frase attribuita a Giulio Cesare, il quale l’avrebbe pronunciata mentre attraversava un modesto borgo alpino: “Meglio essere il primo in questo villaggio che il secondo a Roma”. I due personaggi non peccavano certo di modestia.
ave, Caesar (o imperàtor), morituri te salutant! Latino: ave, Cesare (o imperatore), quelli che vanno a morire ti salutano! Era il saluto che i gladiatori, secondo quanto riferisce lo storico Svetonio (Claudio, 21), rivolgevano all’Imperatore, schierati davanti al suo palco, prima di cimentarsi nelle cruente e spesso mortali gare del circo. Si usa, per lo più scherzosamente, quando ci si accinge ad affrontare un pericolo, vero o supposto, un esame difficile, eccetera.
avvocato del diavolo Dal latino advocatus diaboli. Si dice di chi, a fini puramente dialettici, cerca ogni argomento, anche il più capzioso, per contestare una tesi. Deriva dal nome popolarmente dato al “promotore della fede”, ossia all’avvocato concistoriale, che, nei processi di canonizzazione, ha il compito di sollevare tutte le obiezioni possibili affinché, confutate queste oltre ogni dubbio, sia dimostrata la santità di colui che ci si propone, attraverso il processo, di elevare all’onore degli altari.
azzeccagarbugli Il dottor Azzeccagarbugli è il meschino e pa-vido avvocato dal quale, nel terzo capitolo dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, si reca Renzo per chiedergli, ma invano, la protezione della legge contro le prepotenze di don Rodrigo. Il termine è usato per indicare un avvocato da strapazzo, un intrigante, un individuo capzioso pronto a cogliere ogni pretesto per aver ragione.